Bonus R&S:modalità di calcolo e scritture contabili
L'art. 3 D.L. 145/2013 ha introdotto il bonus fiscale per le spese in ricerca e sviluppo, previsto per le imprese residenti e, a determinate condizioni, dalle stabili organizzazioni, nel territorio dello Stato, di soggetti non residenti, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo nei periodi di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a tutto il 31 dicembre 2020 (termine così prorogato dalla legge di bilancio 2017).
Con la modifica introdotta dall'art. 8 D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito nella legge 9 agosto 2018, n. 96 (G.U. 11 agosto 2018, n. 196), l'agevolazione subisce, con decorrenza dal periodo d'imposta 2018 (per i soggetti solari), una restrizione che esclude dal beneficio i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, di beni immateriali qualora scaturiscano da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.
Il credito di imposta per la ricerca e sviluppo, introdotto dall'art. 3 D.L. 145/2013, costituisce una delle principali misure agevolative del nostro ordinamento, annoverate nel “Piano Industria 4.0”, cui le imprese possono fare ricorso per il sostegno di progetti in innovazione e ricerca.
Attualmente, il bonus è riconosciuto a tutti i titolari di reddito di impresa che effettuano investimenti in attività di ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo di imposta in corso 31 dicembre 2020, in misura pari al 50% delle spese ammissibili sostenute in eccedenza rispetto alla media degli stessi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti al 2015.
Recentemente, l'agevolazione è stata oggetto di modifiche, con decorrenza già dal periodo d'imposta 2018, nell'ambito del “decreto Dignità” di cui al D.L. 12 luglio 2018, n. 87 convertito nella legge 9 agosto 2018, n. 96 (G.U. 11 agosto 2018, n. 196), il quale, all'art. 8, ha circoscritto il beneficio prevedendo l'inammissibilità dei costi per l'acquisto, anche in licenza d'uso, di beni immateriali, nell'ipotesi in cui derivino da operazioni intercorse con imprese facenti parti del medesimo gruppo.
Presupposti soggettivi
L'agevolazione, come per il passato, continua ad essere applicabile a tutti coloro che sono titolari di reddito di impresa indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato.
L'ampia formulazione della norma include tra i destinatari del credito d'imposta:
- i titolari di reddito d'impresa agli effetti Irpef e Ires di ogni settore di attività, dimensione e localizzazione territoriale dell'impresa;
- le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti; in tale fattispecie, sono agevolati gli investimenti di pertinenza delle stesse stabili organizzazioni;
- gli enti non commerciali in relazione agli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da essi effettuati nell'ambito dell'attività commerciale eventualmente esercitata;
- le imprese agricole che, agli effetti fiscali, determinino il reddito agrario su base catastale ex art. 32 Tuir.
In assenza di un'espressa esclusione normativa, l'Amministrazione finanziaria ritiene ammissibili, quindi, anche gli enti non commerciali, con riferimento all'attività commerciale eventualmente esercitata, nonché le imprese agricole che determinano il reddito agrario ai sensi dell'art. 32 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Nel novero delle imprese beneficiarie sono ricompresi, altresì, i consorzi e le reti di imprese.
La legge di Bilancio 2017, così come approfondito dalla circolare 13/E/2017, ha previsto che il credito di imposta possa essere utilizzato anche dalle imprese residenti e dalle stabili organizzazioni di soggetti non residenti che svolgono attività di ricerca su commissione di imprese residenti nella UE, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo o in Stati “collaborativi”, ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, comprendendo anche il caso in cui la controparte contrattuale sia un'Università o un altro ente o organismo di ricerca non residente, inclusi gli organismi comunitari, comunque un “committente estero non residente”. Su questo fronte il decreto Dignità non ha apportato nessuna modifica.
Investimenti e spese agevolabili
Le spese ammissibili al bonus fiscale sono raggruppate in quattro distinte categorie, come meglio specificate dalla circolare 27 aprile 2017, n. 13/E, che possono essere così sintetizzate:
- spese per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo: è agevolabile il costo effettivamente sostenuto per l'effettivo impiego di attività di R&S;
- quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell'importo risultante dall'applicazione dei coefficienti stabiliti con D.M. 31 dicembre 1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e, comunque, con un costo unitario non inferiore a euro 2.000 al netto dell'Iva;
- spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative (ex art. 25 D.L. 179/2012), c.d. ricerca «extra-muros»;
- competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.
Tuttavia, con riferimento a quest'ultima tipologia, l'art. 8 D.L. 12 luglio 2018, n. 87, cd. decreto Dignità, ha stabilito che gli investimenti in beni immateriali di cui all'art. 3, comma 6, lettera d), D.L. 145/2013, ossia appunto quelli costituiti da “competenze tecniche” e “privative industriali”, non rientrano più nel novero delle spese ammissibili se derivanti operazioni infragruppo, ossia da quelle operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo. Dette spese in passato erano infatti ammesse con “riserva” dell'Amministrazione di sindacare la congruità dei corrispettivi pattuiti.
Attività escluse
Non sono considerate attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.
Inoltre, come chiarito dalla circolare 5/E del 16 marzo 2016, sono sicuramente non agevolabili le modifiche non significative di prodotti e di processi, come ad esempio, le modifiche stagionali, le modifiche di design di un prodotto, la mera sostituzione di un bene strumentale, i miglioramenti, qualitativi o quantitativi, derivanti dall'utilizzo di sistemi di produzione che sono molto simili a quelli già usati.
A seguito delle novità introdotte dal citato art. 8 del decreto Dignità, a decorrere già dal periodo d'imposta 2018 per le società aventi esercizio coincidente con l'anno solare, sono esclusi dal beneficio i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, di beni immateriali, se derivanti da operazioni infragruppo, ciò anche nella determinazione dei costi ammissibili imputabili ai periodi d'imposta 2012-2014, rilevanti ai fini del calcolo della media di raffronto.
A ciò si aggiunga l'ulteriore condizione di cui al comma 3 del richiamato art. 8, secondo cui detti costi, anche nell'ipotesi di licenza d'uso, «assumono rilevanza solo se […] siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento dell'attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio». E ciò anche nel caso in cui l'operazione di acquisto sia intercorsa con parti indipendenti.
Restano, invece, sempre ammissibili al beneficio le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto).
Modalità di calcolo dell'agevolazione
Dalla sua istituzione, il meccanismo di calcolo del credito di imposta non ha subito alcuna modifica. Quest'ultimo resta infatti commisurato all'eccedenza degli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo rispetto alla media degli stessi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell'agevolazione (periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e i due precedenti); inoltre l'importo minimo della spesa ammissibile deve essere almeno pari a euro 30.000.
A seguito dei cambiamenti introdotti dalla legge di bilancio 2017, è necessario distinguere due fasce temporali per la determinazione dell'entità del contributo spettante, con riferimento alle attività espletate prima di tale data e per quelle eseguite successivamente, sia con riferimento alla percentuale di aiuto applicabile e sia con riguardo al limite massimo di contributo maturabile in ciascun periodo di imposta:
- 5 milioni di euro come soglia massima per i periodi 2015 e 2016, due aliquote di aiuto (25% e 50% a seconda della tipologia di spesa). In questo caso una volta verificata l'esistenza della condizione dell'incrementalità della spesa complessiva, rispetto alla media del triennio di riferimento, è necessario ripartire l'eccedenza tra i gruppi di spese, individuati in ragione della diversa aliquota del credito di imposta, e stabilire incrementi e decrementi rispetto alla media degli investimenti pregressi riferibile al singolo gruppo di spese;
- 20 milioni di euro come nuovo limite per i periodi di imposta 2017-2020, aliquota unica di aiuto al 50%, da applicarsi alla generalità dei casi, fermo restante la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per l'accesso al beneficio.
Utilizzo del credito e modalità di compensazione
Il credito di imposta per R&S è utilizzabile esclusivamente in compensazione, attraverso la presentazione del modello F24 tramite i servizi telematici Entratel e Fisconline, con il codice tributo “6857”, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di sostenimento dei costi per le attività in ricerca e sviluppo; per il credito corrispondente alle spese di certificazione contabile, l'utilizzo in compensazione è consentito solo dal giorno successivo alla data di ultimazione della certificazione stessa. Il credito non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef, Ires, Irap.
Nel caso in cui il credito di imposta non sia utilizzato, in tutto o in parte in tale periodo di imposta, l'ammontare residuo potrà essere fruito secondo le ordinarie modalità di utilizzo del credito.
Per fruirne occorre indicarlo nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi, compilando il quadro RU, sia nel periodo di imposta nel corso del quale il credito stesso è maturato (il periodo di imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolati), sia nel quadro RU dei modelli di dichiarazione relativi ai periodi di imposta successivi, fino a quello nel corso del quale se ne conclude l'utilizzo.
Va detto infine che il bonus, essendo una misura di carattere generale, è cumulabile con altre agevolazioni, salvo che le norme disciplinanti tali altri aiuti non dispongano diversamente, e l'importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai costi sostenuti.
Trattamento contabile
In merito al trattamento contabile riservato al credito d'imposta R&S, occorre preliminarmente riportare la posizione dell'Agenzia delle entrate in merito alla tematica. Nella circolare 13/E/2017, l'Amministrazione finanziaria aveva infatti precisato che «la disciplina agevolativa non subordina il diritto alla spettanza del credito di imposta, né la sua concreta fruizione, alla rilevazione in bilancio del relativo provento». Pertanto, ai fini della spettanza dell'agevolazione, non rileva il trattamento contabile ad essa riservato.
Ciò premesso, è possibile individuare due diverse metodologie di contabilizzazione del credito d'imposta. La prima inquadra il beneficio fiscale come un contributo riservato all'impresa e, quindi, in contropartita alla rilevazione del credito, si iscrive un componente positivo nella voce A.5 del conto economico. La seconda metodologia, invece, prevede la movimentazione, come contropartita, della voce 20 - Imposte sul reddito dell'esercizio correnti, differite e anticipate del conto economico.
A supporto della prima tesi, vi è il documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti (documenti Aristeia n. 15/2003), nel quale «il credito d'imposta … consiste in un risparmio per l'impresa beneficiaria dovuto alla riduzione dei tributi, ed è perciò – a differenza dei contributi visti precedentemente – un bonus fiscale. … In particolare, lo Stato finanzia l'attività senza dover sopportare alcun esborso di denaro, ma vedendo ridurre il gettito annuale; analogamente i beneficiari ricevono il contributo in maniera indiretta, corrispondendo una minore imposizione fiscale». Se si aderisce a tale interpretazione, per una corretta contabilizzazione del credito d'imposta occorre distinguere se i relativi costi sono stati capitalizzati o imputati interamente a conto economico, poiché nella prima ipotesi occorrerà stornare il contributo per la quota di competenza del periodo di imposta di riferimento. L'iscrizione del credito dipende, pertanto, dalla modalità di rilevazione contabile dei costi R&S. Come ormai noto, a seguito della riforma operata dal D.Lgs. 139/2015, i costi di ricerca non possono essere più capitalizzati tra le immobilizzazioni immateriali, in quanto devono essere interamente spesati nell'anno di sostenimento; mentre i costi di sviluppo, a specifiche condizioni (individuate dall'Oic 24), possono essere iscritti nella voce B.I.2 dell'attivo patrimoniale.
Ciò premesso, il credito d'imposta calcolato sui costi R&S deve essere rilevato come un contributo e più in particolare come:
contributo in conto impianti, se relativo a spese imputate a conto economico e contabilizzati nella voce A5 del conto economico “Altri ricavi e proventi”;
contributo in conto capitale, per la parte del credito relativo a costi capitalizzati.
Relativamente a quest'ultimo punto, invece, sono previsti i seguenti due metodi di rilevazione contabile:
- metodo indiretto: i contributi sono imputati, per la quota di competenza,alla voce A5 “Altri ricavi e proventi”, attraverso l'iscrizione di risconti passivi;
- metodo diretto: il contributo è imputato in diminuzione del valore dei costi di sviluppo capitalizzati, pertanto a conto economico transiteranno solo i minor ammortamenti calcolati sull'immobilizzazione “netta”.
Il provento indicato in contropartita al credito non concorre, per espressa previsione normativa, alla determinazione della base imponibile Irpef/Ires e Irap; pertanto, in sede di dichiarazione dei redditi, si effettua una corrispondente variazione in diminuzione. Tuttavia, occorre rilevare che l'importo iscritto nella voce A5 del conto economico potrebbe risultare rilevante nella determinazione di altre agevolazioni fiscali. Si pensi, ad esempio, al calcolo del ROL ai fini della deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell'art. 96 del Tuir, oppure al test di operatività per le società di comodo. Tale maggiore importo, quindi, potrebbe essere successivamente contestato dall'Agenzia delle entrate relativamente a fattispecie diverse dal credito d'imposta, anche se la norma non prevede specifiche esclusioni in tal senso. L'art. 3, comma 8, D.Lgs. 145/2013, infatti, chiarisce che «il credito d'imposta … non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del Tuir». Qualora, quindi, si optasse per questa metodologia di contabilizzazione, il provento iscritto in contropartita del credito non dovrebbe essere conteggiato ai fini del calcolo del rapporto inerente le spese deducibili di cui all'art. 109 del Tuir.