Castelli aperti al pubblico ammessi al superbonus, ma c’è il nodo dei beni vincolati
Possibile realizzare solo lavori «trainati». Cumulo difficile con gli altri incentivi per immobili sottoposti a tutela
I castelli e i palazzi storici guadagnano l’agevolazione al 110% purché si tratti di immobili «aperti al pubblico». Il decreto Agosto (104/2020), ora in corso di conversione, all’articolo 80 (dedicato agli interventi nel settore cultura), prevede, al comma 6, che l’incompatibilità tra superbonus e unità immobiliari “di lusso” riguarda le unità accatastate come A/1, A/8 e A/9 ma, in quest’ultimo caso, solamente se «non aperte al pubblico».
La categoria A/9 comprende «castelli» e «palazzi di eminenti pregi artistici o storici» e conta 2.493 unità alla fine del 2019, per i due terzi posseduti da persone fisiche. Peraltro, la relazione tecnica sottolinea come l’intervento in oggetto, sul piano finanziario, non abbia concreti effetti, in considerazione del fatto che all’esclusione originaria, per motivi prudenziali, non erano stati attribuiti recuperi positivi.
Lo scopo dell’inciso è evidente: permettere a quegli edifici che, sostanzialmente, costituiscono un patrimonio fruibile dalla collettività, di sfruttare il massimo le agevolazioni fiscali possibili per raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico e/o di qualificazione antisismica posti a base del superbonus.
Ragionando su queste dimore storiche con riferimento al 110% emergono alcune considerazioni non banali.
Esclusi i proprietari «non privati»
In primo luogo l’estensione del beneficio non interessa soggetti diversi da quelli indicati ai commi 9 e 10 dell’articolo 119: se il castello o il palazzo sono posseduti da società di capitali, enti commerciali o non diversi da Onlus, Adv e Aps, si torna ai bonus tradizionali. Per le persone fisiche, invece, via libera agli interventi superagevolati su due unità immobiliari (non oltre).
Per le loro caratteristiche, poi, questi immobili mal si prestano ai riferimenti di legge sui «lavori condominiali», ed è evidente come occorra tenere in considerazione i molteplici vincoli a cui sono soggetti. In tal senso ci pare che si debba riflettere su una opportunità e su un dubbio.
Niente lavori «trainanti» se l’A/9 è vincolato
Circa l’opportunità, bisogna ricordare quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 119 del Dl 34/2020: se l’edificio è sottoposto ad almeno uno dei vincoli previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004) o se gli interventi “trainanti” siano vietati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali, il superbonus si applica a tutti gli interventi “ecobonus trainati”, senza che debba essere eseguito un lavoro “trainante”, a patto che si raggiunga l’obiettivo del miglioramento delle due classi energetiche (sismabonus a parte).
Il cumulo con i bonus per edifici vincolati
Il dubbio riguarda, invece, la cumulabilità della detrazione del 110% con le agevolazioni già previste per gli immobili vincolati (ad esempio la detrazione di cui all’articolo 15, comma 1, lettera g, Tuir). È noto che in base al comma 6 dell’articolo 16-bis del Tuir la detrazione 36-50% per le spese su interventi di ristrutturazione edilizia (e simili) è cumulabile (pur ridotta al 50%) con le agevolazioni specifiche per gli immobili oggetto di vincolo. La regola dovrebbe valere anche per gli interventi da sismabonus, che trovano la loro “matrice” proprio alla lettera i) del comma dell’articolo 16-bis, mentre per il cumulo con il “bonus facciate” vi è il “disco rosso” della circolare 2/E/2020.
Purtroppo, l’Agenzia si è espressa negativamente (da ultimo con circolare 19/E/2020) anche sul cumulo con gli interventi “ecobonus”, per cui, essendo questi ultimi la parte di gran lunga più rilevante dei lavori per cui è prospettabile la detrazione del 110%, andranno effettuati gli opportuni calcoli di convenienza.
Alessandro Gulisano
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