Cessioni intra-Ue, necessaria la prova del trasferimento dei beni per la fattura senza Iva
Per l'Agenzia se non si riesce a documentare il trasferimento la nota di variazione non è ammissibile
Nella cessione intra-Ue, ai fini di provare l’avvenuto trasferimento dei beni in altro Stato membro, non risulta sufficiente ottenere dal destinatario-cessionario al momento della consegna in Italia dei beni una dichiarazione che attesti che le merci saranno trasportate all’estero. Inoltre, in tali cessioni, la fattura emessa con Iva interna per carenza di prove non può essere rettificata con una successiva nota di variazione in diminuzione.
Questi principi sono contenuti nella risposta ad un interpello 305/E/2020 emessa ieri dall’agenzia delle Entrate.
In particolare, l’agenzia delle Entrate non approva il quadro probatorio costruito dalla
società istante con riguardo al trasporto dei beni nell’ambito di una cessione intra-Ue. In sostanza, il caso consiste in una comune cessione intra-Ue di beni ex articolo 41, Dl 331/1993 a soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri che ne curano il trasporto a partire dai punti vendita della società cedente siti in Italia (clausola ex works). Il problema è che, in termini di prove, l'unico documento che il cedente sarebbe in grado di produrre a sostegno della non imponibilità della cessione intra-Ue è rappresentato dal documento ufficiale rilasciato da una Pubblica autorità locale, il cui reperimento, tra l’altro, sarebbe di difficile realizzazione determinando un onere eccessivo in capo ai cessionari.Data la problematicità legata alla suddetta documentazione, l'istante chiede di sapere se sia corretto emettere in primis una fattura imponibile ex articolo 2, Dpr 633/1972 e in un secondo momento, solo dopo aver acquisito la conferma dell’avvenuto trasferimento nel Paese di destinazione tramite dichiarazione scritta del cessionario, procedere allo storno della fattura imponibile Iva con nota di credito ai sensi dell’articolo 26, Dpr 633/1972 e, contestualmente, all’emissione di una nuova fattura ex articolo 41, Dl 331/1993.Sul piano del trasporto dei beni, ai fini della non imponibilità della cessione, è ormai più che noto che dal 1° gennaio 2020 è stata introdotta una presunzione. Sicché, in presenza della documentazione richiesta all’articolo 45-bis del Regolamento Ue 282/2011, il trasporto delle merci da uno Stato membro all’altro si ritiene provato. Al riguardo è stato precisato più volte che non si tratta di presunzione assoluta ma relativa, in quanto, da un lato, le autorità fiscali dei Paesi dell’Unione conservano la facoltà di superarla, dall’altra il contribuente conserva la possibilità di dimostrare che l’operazione sia realmente avvenuta nonostante non sia in possesso dei documenti richiesti dalla disposizione unionale. È stato anche detto – circolare 12/E/2020 – che l’introduzione della presunzione circa la prova della cessione intra-Ue non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme o prassi ulteriori, se più flessibili. Allo stesso modo può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale precedente alla novella unionale.
Ebbene, secondo le Entrate, la documentazione offerta dal contribuente nel caso di specie non è in grado di generare una presunzione di avvenuta cessione, ma neppure si può ricavare dalla stessa, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dall’Italia al Paese del cessionario. Inoltre, trattandosi di un’incertezza che attiene, sin dall’origine, alla validità dei mezzi di prova della cessione intra-Ue e non alla sussistenza dei requisiti sostanziali della stessa, il cedente non può avvalersi della possibilità di recuperare l’Iva con una successiva nota di variazione nel caso in cui decidesse di non implementare le prove a sostegno del trasporto in senso conforme alla normativa e alla prassi in tema, ma di emettere fattura con Iva.