Controlli e liti

Accollo del debito, stop alla compensazione senza effetto retroattivo

La Ctp di Roma promuove l'operazione effettuata prima del Dl 124/2019<br/>

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di Davide Settembre

Nel precedente contesto normativo, in caso di accollo di un debito fiscale, tale debito poteva essere legittimamente compensato con un credito vantato dall’accollante nei confronti dell’Erario. Non rileva infatti che tale possibilità di compensazione fosse negata dall’agenzia delle Entrate (risoluzione 140/E del 2017), dal momento che la prassi non ha valore di legge e non è vincolante. È, in sintesi, il principio affermato dalla Ctp di Roma (presidente e relatore Papa) con la sentenza 5753/21/2020, depositata il 20 luglio scorso.
La questione sottoposta all’esame dei giudici capitolini era sorta a seguito dell’impugnazione di un avviso col quale l’ufficio aveva proceduto al recupero di un credito, ritenendolo indebitamente utilizzato in compensazione. In particolare, la ricorrente aveva sostenuto di avere stipulato un accordo di accollo con un’altra società (accollante) che aveva provveduto a compensare il debito fiscale con un proprio credito, sulla base dell’articolo 8 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente) e anche in considerazione dell’assenza di una norma che vietasse, all’epoca dei fatti, tale comportamento.
L’operato dell’ufficio si basava, invece, sulla risoluzione 140/E citata, con la quale erano state ritenute illegittime le compensazioni effettuate a seguito di accollo.
I giudici hanno accolto il ricorso, ricordando che nella prassi chi si accolla un debito fiscale lo estingue mediante la compensazione con propri crediti fiscali. Inoltre, nella sentenza è stato tracciato un breve excursus normativo, evidenziando che l’articolo 8 prevede che l’obbligazione tributaria possa essere estinta anche mediante compensazione e che l’accollo del debito di imposta altrui avvenga senza liberazione del debitore originario.
Tuttavia, i decreti di attuazione della norma, previsti dal comma 6 del citato articolo, non sono mai stati emanati e questo ha generato dubbi circa la possibilità di compensare il debito oggetto di accollo con il credito fiscale vantato dall’accollante.
L’Agenzia, con la risoluzione 140/E, aveva negato tale possibilità, ritenendo che la compensazione fosse consentita solo tra debiti e crediti del medesimo soggetto e non tra soggetti distinti. I giudici, nel caso in esame, hanno però affermato che l’atto di recupero dell’ufficio fosse illegittimo: come affermato dalla Corte di cassazione, l’interpretazione ministeriale contenuta in circolari o risoluzioni non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituisce fonte di diritto.
Infatti, contribuente e amministrazione finanziaria sono su un piede di parità davanti alla legge tributaria (si veda la sentenza 5137/2014). Per i giudici nemmeno rileverebbe la mancata attuazione del citato articolo 8, dal momento che le norme dello Statuto hanno un valore precettivo immediato, anche in assenza di decreti attuativi.
Infine, secondo i giudici capitolini la norma che ha successivamente negato la possibilità di compensazione del debito oggetto di accollo con il credito fiscale vantato dall’accollante (articolo 1, Dl 124 del 2019) non può avere valore retroattivo.

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