Compensazione del credito inesistente sanzionata una sola volta
Se l’inesistenza di un credito, utilizzato in compensazione, viene riscontrata dalla dichiarazione, la sanzione per infedeltà dichiarativa assorbe quella per utilizzo di credito inesistente.
Il Dlgs 158/2015, che ha riformato il sistema sanzionatorio amministrativo, ha introdotto, all’articolo 13 del Dlgs 471/1997, una definizione normativa di credito inesistente e una di credito non spettante, collegando, alle due fattispecie, uno specifico regime sanzionatorio.
Facendo presente che per l’utilizzo di crediti inesistenti, il quinto comma del predetto articolo 13 prescrive l’applicazione di una sanzione dal cento al duecento per cento dei crediti stessi utilizzati, e che non è possibile applicare la definizione agevolata prevista dall’articolo 16, comma 3, e dall’articolo 17, comma 2, del Dlgs 472/1997, ossia, sostanzialmente, la definizione agevolata attraverso il pagamento di un terzo della sanzione stessa, con risoluzione 36/E dell’8 maggio scorso, l’agenzia delle Entrate, sollecitata dall’ufficio accertamento di una sua Direzione Regionale, è entrata nel merito della predetta sanzione e dell’eventuale cumulabilità, o meno, con quella prevista per infedele dichiarazione.
In buona sostanza, viene chiesto se in presenza di un’Iva detratta, recuperata e sanzionata in quanto l’operazione che l’aveva generata è considerata inesistente, si debba provvedere all’irrogazione anche della sanzione per utilizzo in compensazione di un credito, appunto, inesistente, oltre a quello di infedele dichiarazione.
L’agenzia delle Entrate, evidenziando preliminarmente che per credito inesistente si intende «il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR 29.09.1973, n. 600, e all’art. 54-bis del DPR 26.10.1972, n. 633», fa presente che la norma contenuta nel Dl 185/2008, sia quella che l’ha sostituita contenuta nel comma 5, dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997, risultano essere di carattere speciale volte a «sanzionare e recuperare il credito che, artatamente creato, è stato utilizzato in compensazione nei modelli F24».
Visto che l’inesistenza di tale credito può essere riscontrata anche non partendo dal controllo delle dichiarazioni, la sua ripresa, in questo caso, non può che avvenire attraverso apposito atto di recupero, di cui all’articolo 1, comma 421 della legge 311/2004. Se, invece, chiarisce l’Agenzia, il credito inesistente viene esposto in dichiarazione e successivamente utilizzato, allora il recupero dello stesso deve avvenire con gli atti «tipici di accertamento in rettifica della dichiarazione», con applicazione della sanzione per infedele dichiarazione, atti che devono essere notificati entro gli ordinari termini di decadenza.
La sanzione per infedele dichiarazione, quindi, assorbe sia quella di omesso versamento del tributo, sia quella per la compensazione di crediti inesistenti in quanto, in caso contrario, la punizione della medesima violazione avverrebbe più volte: una prima volta, sanzionando la contabilizzazione delle fatture inesistenti e la riduzione del debito d’imposta o l’indicazione di un maggior credito, oltre al recupero del minor credito spettante; una seconda volta, contestando le indebite compensazioni effettuate negli anni successivi, con la già richiamata sanzione, di cui all’articolo 13, comma 5, del Dlgs 471/1997, e recuperando il credito utilizzato in compensazione.
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