Con il principio di cassa niente rate per gli autonomi
Il reddito dei professionisti si determina considerando i compensi, quando sono effettivamente incassati, e le spese quando sono effettivamente sostenute (pagate). In altre parole si valuta con il meccanismo «per cassa».
In alcuni casi sono previste eccezioni, come ad esempio per i contratti di leasing e la quota annuale di trattamento di fine rapporto maturata in favore dei dipendenti.
Le plusvalenze (e le minusvalenze) seguono il criterio generale, quindi assumono rilievo fiscale - cioè partecipano alla formazione del reddito (in diminuzione le minusvalenze) - solo quando si realizza effettivamente l’incasso dovuto: ad esempio, alla vendita dei computer, dei mobili e delle altre attrezzature.
L’articolo 54, comma 1–bis del Tuir fa espresso riferimento al «corrispettivo o l’indennità percepiti». L’espressione “percepiti” sta a significare “ad avvenuto incasso”. Se manca il corrispettivo (nell’ipotesi di autoconsumo), la plusvalenza è realizzata all’atto della fuoriuscita del bene dall’attività dello studio; ad esempio, quando il professionista regala al figlio il computer utilizzato fino a quel momento come bene strumentale.
Al contrario le società costituite tra professionisti producono reddito di impresa, che deve essere determinato in base al principio di competenza (si veda Il Sole 24 Ore del 24 settembre scorso). Quindi le plusvalenze partecipano alla formazione del reddito al momento della maturazione delle somme dovute (anche se l’incasso non è ancora avvenuto), in base cioè al principio di competenza
Le imprese, quindi anche le società tra professionisti, possono rateizzare la tassazione della plusvalenza in cinque esercizi. Invece la stessa possibilità non è prevista per i lavoratori autonomi (circolare Entrate 28/E/2006).
Può però verificarsi che a fronte della cessione di un bene strumentale (computer, mobile) l’incasso sia frazionato; allora anche il calcolo della plusvalenza o della minusvalenza dovrà essere proporzionato in base alla somma effettivamente incassata. L’agenzia delle Entrate ha chiarito che il criterio di cassa è «il principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo» derogabile solo in casi specifici (risoluzione 30/E/2006).
Il costo non ammortizzato deve essere però proporzionato alla quota di corrispettivo incassato. Ad esempio se il corrispettivo stabilito è pari a mille euro, ed il professionista ha incassato 500 euro (il 50%), il costo non ammortizzato deve essere assunto nella stessa misura, ovvero al 50 per cento. Dalla differenza tra incasso e costo così determinati conseguirà una plusvalenza o una minusvalenza.