Concordato fallimentare, sull’omologa va versata l’imposta proporzionale
Al decreto di omologazione deve essere applicatala tassazione proporzionale
Il decreto di omologazione del concordato fallimentare deve essere tassato non con l'imposta fissa di registro, ma con l'imposta proporzionale applicando l'aliquota propria dei beni oggetto di trasferimento; peraltro, nel calcolo della base imponibile occorre considerare l'accollo all'assuntore delle obbligazioni scaturenti dal concordato.
È questa la decisione della Cassazione nell'ordinanza n. 11925 del 6 maggio 2021, importante in quanto affronta due punti spinosi: se sia dovuta l'imposta di registro in misura fissa o proporzionale e, in quest'ultimo caso, se sia consentito dedurre dall'attivo trasferito all'assuntore il valore dei debiti che l'assuntore stesso si accolla.
Secondo la Cassazione, il concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, deve essere tassato in misura proporzionale in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento di omologa, per mezzo del quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il fatto che l'articolo 8, lett. g), della Tariffa Parte Prima allegata al Dpr 131/1986 (il Tur, testo unico dell'imposta di registro), attribuisca la tassazione in misura fissa agli «atti di omologazione» (restando riservata l'imposizione fissa alle fattispecie di omologazione in cui non si hanno effetti traslativi, come nel caso dell'omologa del concordato preventivo).
Una volta stabilita l'applicabilità dell'imposizione proporzionale, la Cassazione osserva che vi è una necessaria connessione tra il trasferimento dei beni compresi nell'attivo fallimentare e l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato e che quindi si rende occorrente valutare l'applicabilità della disposizione di cui all'articolo 21, comma 2, Tur, secondo cui «se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa».
Secondo la Cassazione, tuttavia, proprio in ragione della predetta connessione tra beni ceduti al terzo assuntore e accollo dei debiti del fallimento, deve trovare applicazione la disposizione di cui all'articolo 21, comma 3, Tur, secondo la quale non sono soggetti a imposta gli accolli di debiti «collegati e contestuali ad altre disposizioni». Nel concordato fallimentare, infatti, gli obblighi del terzo assuntore non possono intendersi alla stregua del prezzo dei beni ceduti in quanto l'assunzione di detti debiti costituisce effetto legale naturale cosicché i debiti in questione concorrono a diminuire intrinsecamente il valore dei beni trasferiti all'assuntore.