Consapevolezza della frode con effetti differenziati per Iva e dirette
Non può essere negata la deducibilità dei costi di operazioni soggettivamente inesistenti anche se il contribuente era consapevole di partecipare alla frode. Per l’Iva, invece, se l’amministrazione finanziaria dimostra con elementi oggettivi tale consapevolezza, la detrazione è illegittima. A confermarlo è la sentenza 6687/2017 della Cassazione depositata ieri.
La vicenda
A un contribuente è stata contestata la deducibilità del costo e la detraibilità della relativa Iva in riferimento ad alcune fatture considerate soggettivamente inesistenti.
Il provvedimento emesso dalle Entrate è stato impugnato e sia la Ctp sia la Ctr hanno rigettato i ricorsi. Allora il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’omessa valutazione delle prove, oltre che in ogni caso un’errata interpretazione della norma, atteso che in ipotesi di fatture soggettivamente inesistenti i costi sono deducibili.
La decisione
La Cassazione ha ricordato che in tema di imposte sui redditi, i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, anche se inserite in una frode carosello, sono deducibili per il sol fatto che sono stati sostenuti. Peraltro, la deducibilità non può essere negata nemmeno ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni. L’unico limite è legato alla necessità che i costi siano effettivi, inerenti, competenti dell’esercizio e certi.
Il giudice regionale aveva erroneamente ritenuto che all’inesistenza soggettiva conseguisse l’indeducibilità dei costi, omettendo invece ogni necessaria valutazione sui requisiti degli stessi ai fini dell’imputazione a bilancio.
Con riferimento all’Iva, invece, la Suprema corte ha ritenuto che in applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza eurocomunitaria, è consentita la detrazione dell’imposta solo se il soggetto passivo sia inconsapevole di partecipare ad una frode. A tal fine occorre che le autorità fiscali dimostrino con elementi oggettivi che sapeva o avrebbe potuto sapere che l’operazione si iscriveva in un’evasione.
Nel caso specifico, le prove prodotte dall’Agenzia non erano state smentite con elementi di segno contrario.
Cassazione, sentenza 6687/2017