Corretto il calcolo dell’Irap per i soggetti tenuti ad applicare gli Ias
Con la sentenza 12 depositata il 20 gennaio la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 446/97, istitutivo dell'Irap, sollevata dalla Ctp di Reggio Emilia, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.
Il giudice a quo considerava irragionevole il fatto che, nella costruzione dell'imponibile Irap, la norma denunciata proceda alla valutazione meramente forfetaria e approssimativa di un elemento economico che, invece, può essere individuato in modo analitico e puntuale.
Si trattava di un giudizio promosso da una holding di partecipazioni in società finanziarie nei confronti dell'agenzia delle Entrate avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso Irap versata dal 2013 al 2016. La norma veniva censurata, nella parte in cui prevedeva, nel testo pro tempore vigente, per le banche e gli altri enti e società finanziari, che la base imponibile è determinata dalla somma algebrica delle seguenti voci del conto economico: a) margine d'intermediazione ridotto del 50% dei dividendi, anziché prevedere, che il margine d'intermediazione sia computato per intero, ma con riguardo, tra i dividendi che entrano a far parte della sua determinazione, esclusivamente a quelli derivanti dalle attività finanziarie detenute per la negoziazione, indicati nella lettera A) della nota integrativa alla voce 70 del conto economico del bilancio bancario redatto in conformità agli schemi risultanti dai provvedimenti emessi ai sensi dell'articolo 9, comma 1, Dlgs 38/2005 in materia di principi contabili internazionali.
La Corte ha preliminarmente respinto tutte le eccezioni di inammissibilità. La questione è stata dichiarata infondata dimostrando, con rigore, la non plausibilità della lettura del giudice remittente.
A norma dell'articolo 5 del Dlgs n. 446 del 1997, con riferimento alle società di capitali, agli enti commerciali (pubblici e privati) e ai trust commerciali che esercitano attività industriale e commerciale, la base imponibile dell'imposta tiene conto del prodotto della gestione, ma non considera fra i costi di produzione quello del lavoro (salvo quanto previsto, dal 2014, dall'articolo 11, commi da 4-quater a 4-octies), né consente di tenere conto degli oneri finanziari, derivanti dall'indebitamento presso terzi. I dividendi non concorrono al valore della produzione netta di tali soggetti. L'articolo 6, comma 1°, come sottolineato dalla Corte, individua specificamente la base imponibile per banche, altri enti e società finanziarie. A seguito dell'introduzione dei principi contabili internazionali (Dlgs 38/05, “decreto Ias”, International accounting standards), il legislatore, con l'articolo 1, comma 50, legge 244/07 (finanziaria 2008) ha novellato le regole di determinazione dell'Irap per i soggetti tenuti ad applicare gli Ias. Attraverso l'introduzione del cosiddetto principio di derivazione rafforzata, la base imponibile dell'Irap è stata sganciata da quella dell'Ires e fatta derivare per intero dai dati delle voci del conto economico, appositamente individuate dal legislatore ai fini tributari.
Nell'ambito delle voci del conto economico elencate dal comma 1 dell'articolo 6 per la determinazione dell'imponibile, il remittente ha censurato solo la voce sub a): previsione del «margine d'intermediazione» ridotto del 50% dei dividendi.
La Corte considera l'impianto sistematico della riforma del 2007 e gli stessi lavori preparatori. La ratio della riduzione al 50% dei dividendi che rientrano nella voce 70 del conto economico (dividendi da trading, dividendi da partecipazioni diverse da quelle di controllo, collegamento o influenza notevole; dividendi da partecipazioni di controllo, collegamento o influenza notevole, valorizzati con un metodo diverso da quello del patrimonio netto -costo storico o fair value), va colta nel più ampio contesto delle nuove regole di composizione della base imponibile dell'Irap. Il precedente regime escludeva l'imponibilità dei dividendi. Il nuovo regime è legato al principio di derivazione rafforzata, che invece parzialmente li include. In tale passaggio la ratio è stata quella di evitare un eccesso d'imposizione su tali dividendi, rilevanti sia in capo al percettore che all'emittente.
La sentenza in commento si inserisce tra gli atti di ricostruzione sistematica, sia pur necessariamente sintetica, degli istituti del diritto tributario e si lascia apprezzare per l'esatta ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Essa porta anche a una censura esplicita alla visione parcellizzata e parziale, da parte del rimettente, della norma censurata e all'inesatta argomentazione sulla pretesa ricomprensione della sola attività di negoziazione» di titoli partecipativi («attività di trading») nell'«attività caratteristica» di banche e altri enti e società finanziarie.
È sotteso – neppure troppo – il richiamo ai giudici tributari alla ricerca di una visione sistematica e informata degli istituti normativi in diritto tributario, come azione di metodo preliminare ad ogni promozione dell'incidente di costituzionalità. In tale attività ogni giudice tributario deve confrontarsi – sottolinea la Corte – con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (nel caso di specie, sent. 17 maggio 2017, in causa C-365/16, Afep; sentenza 17 maggio 2017, in causa C-68/15, X). Ogni giudice tributario, inoltre, deve rifuggire petizioni di principio.
La sentenza dà un chiaro inquadramento alla norma scrutinata che porta ad emergenza una conclusione ermeneutica in contrasto con quella posta dal remittente e rispettosa della valutazione discrezionale del legislatore.
Quest'ultimo, come ben spiegato dalla Corte, ha scelto di considerare congiuntamente, ai fini dell'imponibile Irap, non solo l'attività esclusiva o le diverse attività prevalenti tra loro equiparate, ma anche le più frequenti attività ancorché non prevalenti o solo strumentali.