Controlli e liti

Crediti d’imposta non spettanti, onere della prova invertito

È l’imputato che deve contestare la sussistenza dei presupposti del reato

ADOBESTOCK

di Antonio Iorio

In presenza del reato di crediti di imposta non spettanti non spetta all’accusa entrare nel merito dell’accertamento della pretesa tributaria ma all’imputato di contestare la sussistenza dei presupposti del reato offrendo elementi di giudizio per valutare la pretesa. È questo il principio particolarmente severo espresso dalla Corte di Cassazione, sezione 3 penale con la sentenza 25922 depositata il 10 settembre.

Un contribuente era condannato nei due gradi di giudizio per indebita compensazione dei i crediti non spettanti.

La contestazione traeva origine dalla compensazione di crediti Iva nonostante l’omessa presentazione della dichiarazione..

Nel ricorso per cassazione, la difesa, tra le vari eccezioni rilevava che secondo le sezioni unite civili (17757 e 17758 del 2016) anche in assenza di dichiarazione l’eccedenza di imposta è riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione. Tale diritto non può essere negato neanche nel corso del giudizio di impugnazione laddove sia dimostrato che si tratti di acquisiti fatti da un soggetto passivo assoggettati ad Iva e finalizzati ad operazioni imponibili.

Rispetto a tali motivazioni, secondo la Corte di appello che aveva condannato l’imputato, vi sarebbe un conflitto tra la giurisprudenza civile e quella penale perché per la prima il contribuente può sempre dimostrare, mediante produzione di idonea documentazione, l’effettiva sussistenza del diritto.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. In ordine alla asserita contraddizione tra giurisprudenza civile a sezioni unite e quella penale, i giudici evidenziano che non sussiste alcun contrasto. Le decisioni attengono, secondo i giudici di legittimità, al diverso caso in cui i crediti compensati necessitano di accertamenti che può essere richiesto al giudice tributario. Anche nel giudizio penale è possibile che l’imputato sottoponga questioni che attengano all'esistenza e spettanza del credito. Ciò comporta che spetta all’imputato, che deve vincere la “presunzione” fiscale del meccanismo costruito di affidamento sulla correttezza del comportamento del contribuente, dimostrare che la compensazione sia corretta, onere che nella specie ricade sull’imputato, il quale non ha allegato alcuna elemento di dubbio sulla fattispecie, né ha sostenuto di aver impugnato eventuale atto amministrativo innanzi al giudice tributario.

Non deve essere quindi l'accusa a provare il reato che non entrare nel merito dell'accertamento della pretesa tributaria.

Al contrario, a fronte della formulazione dell’articolo 10 quater del dlgs 74/2000 e del suo meccanismo di funzionamento attraverso il rinvio alla norma extra penale sulle compensazioni (articolo 17 dlgs 221/97) deve essere l’imputato a contestare la sussistenza dei presupposti del reato offrendo elementi di giudizio per valutare la pretesa.

La mancata presentazione della dichiarazione annuale, infatti, impedendo i controlli implica in capo di provare le proprie ragioni.

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