Controlli e liti

Crisi di liquidità, niente sanzioni se la forza maggiore è dimostrata

L’ordinanza 15415/2021 della Cassazione estende i principi espressi nel penale alle sanzioni amministrative tributarie

di Antonio Iorio

In presenza di omessi versamenti per invocare la forza maggiore dovuta alla crisi di liquidità, e quindi la non sanzionabilità ai fini tributari, è necessario provare non solo la non imputabilità della crisi all’azienda, ma anche che non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee e concrete misure. A fornire queste indicazioni è la Cassazione, con l’ordinanza 15415/2021 che ha ritenuto estensibili alle sanzioni tributarie i principi già espressi in sede penale.

Una società in house totalmente partecipata da una Provincia contestava l’irrogazione delle sanzioni per omesso versamento delle imposte. In particolare, riteneva applicabile l’esimente della forza maggiore per mancanza di liquidità a causa di obbiettive difficoltà economiche, rappresentate dal comportamento della Provincia, da cui la società dipendeva. Gli omessi versamenti delle imposte erano, infatti, conseguenti al mancato pagamento da parte dell’ente locale, unico cliente, dell’attività ricevuta.

La Ctp accoglieva il ricorso, ma la Ctr confermava la legittimità delle sanzioni. Secondo i giudici di appello l’incapienza patrimoniale della società era stata determinata dalla consapevole scelta di sottrarsi al pagamento delle imposte. Le sanzioni erano quindi dovute, mancando la prova della impossibilità di far fronte agli obblighi.

La società ricorreva in Cassazione insistendo, fra l’altro, sulla sussistenza dell’esimente della forza maggiore dovuta ad obbiettive difficoltà economiche indotte, nella specie, dal mancato pagamento della Provincia dell’attività svolta in suo favore. In sostanza per il fatto del terzo (mancato pagamento delle prestazioni ricevute) veniva meno l’elemento soggettivo.

I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso. Secondo la Cassazione, l’articolo 5 del Dlgs 472/97 ha esteso alle sanzioni tributarie il principio (articolo 3 della legge 689/1981) previsto per le sanzioni amministrative: non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento quantomeno negligente.

È tuttavia sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza dimostrazione del dolo o della colpa, che si presume fino a prova contraria, con onere a carico del contribuente.

A questo proposito i giudici ricordano quanto espresso delle Sezioni Unite penali (sentenza 37424/2013), per il reato di omesso versamento Iva e, segnatamente che non può essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte a tale esigenza

A tal fine è necessario assolvere gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno riguardare non solo la non imputabilità della crisi economica all’azienda ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure (non ultimo, il ricorso al credito bancario).

In altri termini, il ricorrente che intende giovarsi dell’esimente della forza maggiore, deve provare che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale

Nella specie la società si era limitata a rivendicare il proprio ruolo «in house» senza alcuna evidenza della situazione di crisi soltanto dedotta, né dei rapporti intercorsi con la Provincia.

La pronuncia è importante in considerazione del periodo di crisi in corso ormai da oltre un anno. Coloro che non hanno versato le imposte alle previste scadenze, per richiedere la non applicabilità delle sanzioni oltre a rilevare lo stato di crisi (che, in questo periodo, è abbastanza evidente non dipenda, almeno in molti casi, da negligenza dell’imprenditore), devono anche documentare che l’impresa si sia adoperata per reperire altrove le risorse anche mediante l’esposizione del patrimonio personale dell’imprenditore. Sarà quindi opportuno conservare, ad esempio, la corrispondenza con gli istituti di credito da cui emerga la difficoltà a ottenere finanziamenti nonostante la disponibilità a offrire garanzie personali.

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