Da oggi split payment solo con e-fattura
La mancanza di istruzioni ufficiali sull’estensione della disciplina dello split payment, in vigore per le fatture emesse dal 1° luglio 2017 sta rendendo la vita difficile alle imprese e ai loro consulenti.
L’emanazione di due decreti attuativi a distanza di pochi giorni (27 giugno e 13 luglio), con l’ulteriore complicazione data dal fatto che il secondo provvedimento si applica alle fatture per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifica a partire dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (non ancora avvenuta), sta facendo entrare in fibrillazione l’intero sistema delle relazioni clienti/fornitori. Il tutto amplificato dalla rivisitazione degli elenchi delle società controllate/quotate. Gli ultimi elenchi (quattro e non più cinque) sono consultabili sul sito del dipartimento delle Finanze dal 14 luglio scorso, ma sono ancora soggetti a revisione (scaduto il primo termine per la segnalazione degli errori, spirato il 6 luglio, è stato possibile far presenti mancate o errate inclusioni nelle liste fino al 19 luglio).
Nel frattempo molti soggetti (in particolare, società controllate/quotate) presenti nella prima versione degli elenchi e successivamente esclusi, hanno ricevuto fatture recanti l’indicazione che l’operazione è soggetta alla “scissione dei pagamenti”. Come comportarsi in questi casi? È applicabile la cosiddetta “clausola di salvaguardia” contenuta nell’articolo 2 del Dm 13 luglio? Esaminando questo aspetto, si osserva che la norma prevede che sono salvi i comportamenti dei contribuenti che hanno applicato lo split payment alle fatture emesse dal 1° luglio fino alla data (compresa) di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tale decreto. Ci si può allora domandare se la franchigia copra solo le situazioni che sono state modificate per effetto del provvedimento o abbia invece una valenza generale. Nel primo caso, essa farebbe salve solo le fatture emesse in scissione dei pagamenti nei confronti di soggetti “pubblici” ai sensi della precedente versione dell’articolo 5 bis del Dm 23 gennaio 2015 (pubbliche amministrazioni incluse nel conto economico consolidato Istat) i quali, tuttavia, non siano destinatari dell’obbligo di fatturazione elettronica per gli acquisti e sono pertanto esclusi dal regime. In forza del Dm 13 luglio, infatti, entrano in split payment solo le Pa destinatarie delle norme sulla fattura elettronica. Quest’impostazione avrebbe il pregio di confinare eventuali complicazioni al mondo del “pubblico” con soluzioni che potrebbero ispirarsi a quelle individuate in passato (CM n. 1/E e n. 15/E del 2015). Quanto alle fatture emesse in split payment a società controllate/quotate, presenti negli elenchi al momento della fatturazione e poi uscite dalle liste, potrebbe essere autorizzata l’emissione di apposite note di variazione e la ri-emissione delle fatture in regime ordinario, secondo modalità che rientrano nella normale prassi aziendale e che determinano un aggravio tutto sommato modesto. Aderendo alla seconda tesi, invece, sarebbero legittime, in quanto coperte dalla clausola di salvaguardia, anche le fatture emesse in split payment nei confronti di una società (controllata/quotata) che non è più presente negli elenchi definitivi, pur essendolo al momento della fatturazione. Con inevitabili complicazioni, però, per la società destinataria la quale, magari solo per pochi documenti, dovrebbe adottare sistemi di registrazione e versamento (nei casi in cui ciò sia dovuto) del tutto autonomi rispetto alle normali procedure (e che andrebbero abbandonati subito dopo), con inevitabili costi amministrativi.
In questo pasticcio, se l’imposta viene assolta, ancorché irregolarmente, non dovrà esserci alcuna penalizzazione per i contribuenti.