Imposte

Dalle innovazioni di processo alle ricette, tutti i limiti ex post

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Un benvenuto all’articolo 5, commi 7-12, del decreto fiscale, che può confortare le imprese che hanno utilizzato indebitamente il credito d’imposta ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013 nei periodi dal 2015 al 2019. La norma (comma 8) esclude dalla procedura di riversamento del credito indebitamente utilizzato le condotte fraudolente, le fattispecie soggettivamente e oggettivamente simulate oppure le ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese.

La norma fa riferimento ai seguenti casi che possono avere generato un credito non utilizzabile:

attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta;

errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità nonché nella determinazione della media storica di riferimento.

Inoltre, viene richiamata l’ipotesi di applicazione del comma 1-bis dell’articolo 3 del Dl 145/2013, in maniera non conforme a quanto dettato dalla disposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge 145/2018, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Si tratta della norma con cui è stato chiarito che il comma 1-bis dell’articolo 3 del Dl 145/2013, concernente il riconoscimento del credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo ai soggetti residenti commissionari che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese residenti o localizzate in Ue, See ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al Dm 4 settembre 1996, si interpreta nel senso che ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.

A livello pratico, al di là della predetta elencazione, ci si chiede quali possano essere le fattispecie “oggettive” che hanno dato luogo a possibili indebiti utilizzi del credito nel corso del quinquennio, che siano sanabili, tenendo conto che alcune di queste situazioni sono state generate da interpretazioni e chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate e dal ministero dello Sviluppo economico, attraverso le numerose risoluzioni e risposte a interpelli succedutesi nel tempo.

Si citano, ad esempio, in ordine cronologico, i casi del software, delle attività innovative di processo, dell’industria alimentare e più in generale del criterio della novità insito nel credito d’imposta ricerca e sviluppo:

O la circolare dello Sviluppo economico 59990 del 9 febbraio 2018, che ha fornito dettagliate e restrittive istruzioni sui criteri di individuazione delle attività ammissibili nel settore del software, evidenziando criteri sistematici nel coordinare la norma agevolativa, la comunicazione della Commissione europea 2014/C 198/01 del 27 giugno 2014, ed i principi contenuti nel cosiddetto manuale di Frascati, base interpretativa della disciplina comunitaria;

O l’articolo 8 del Dl 87/2018, sui costi di acquisto da fonti esterne di beni immateriali, che non considera ammissibili i costi sostenuti per l’acquisto di beni immateriali, anche in licenza d’uso, tra società del gruppo sia controllate che collegate;

O la risoluzione dell’agenzia delle Entrate 40/E del 2 aprile 2019, che ha ritenuto che tra le attività di tipo innovativo rientrano solo quelle che «si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo» secondo i criteri e la classificazione del manuale di Frascati, escludendo quindi le innovazioni di processo definite e descritte nel manuale di Oslo;

O la risposta delle Entrate a interpello 188 del 17 marzo 2021, in cui vengono posti dei paletti alle attività di innovazione dell’industria alimentare, della ristorazione e della gastronomia, e ove vengono escluse le attività attinenti alla formulazione di nuove ricette di prodotti alimentari. Viene anche ivi ribadito che le attività ammissibili al credito d’imposta, «sia che si tratti dello sviluppo di un nuovo prodotto o procedimento sia che si tratti della riformulazione di prodotti o procedimenti già esistenti, devono comunque essere proiettate al superamento di ostacoli di carattere scientifico e/o tecnologico non superabili sulla base delle conoscenze e tecnologie già disponibili».

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