Definibili solo le controversie su atti impositivi
Definizione delle liti pendenti ad ambito ristretto. Il testo informale del decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri di lunedì scorso prevede infatti che possono beneficiare della chiusura agevolata solo le liti «aventi ad oggetto atti impositivi». Al contrario, nel precedente rappresentato dall'articolo 11 del Dl 50/2017, tutte le controversie in cui era parte l'agenzia delle Entrate erano ammesse alla sanatoria, a prescindere dalla tipologia di atto impugnato. Nella relazione illustrativa si precisa anche che non possono rientrare nella nuova disciplina gli atti che hanno natura meramente liquidatoria. Se il testo definitivo del Dl confermasse questa opzione, occorrerà esaminare con attenzione ciascuna controversia per stabilire se sia condonabile oppure no.
La nozione di atto impositivo non ha natura formale ma si qualifica per il contenuto sostanziale del provvedimento interessato. Questo significa che non rileva come l'atto sia denominato ma bisogna verificare in concreto la portata della pretesa: se si sostanzia in una rettifica dei dati comunicati dal contribuente allora potrà qualificarsi come atto impositivo, altrimenti si sarà al cospetto di un documento avente funzione liquidatoria.
Alcuni esempi potranno servire allo scopo. Una cartella di pagamento emessa ai sensi dell'articolo 36 bis del Dpr 600/73, per recuperare imposte dichiarate e non versate ovvero per correggere errori commessi dal contribuente (ad esempio, erronea indicazione degli acconti versati) non ha natura impositiva e dunque non potrà essere definita con le nuove regole. Invece, la cartella emessa sempre ai sensi del medesimo articolo 36 bis, quando rettifica la dichiarazione di parte disconoscendone in taluni punti il contenuto, in contrasto con la volontà del soggetto passivo (ad esempio, disconoscimento di un onere deducibile), potrà essere considerata atto impositivo e perciò definibile.
Non vi sono dubbi inoltre sul fatto che le cartelle emesse per i controlli formali, ex articolo 36 ter del Dpr 600/73, hanno un contenuto sostanzialmente accertativo e quindi sono ricomprese nella attuale sanatoria delle liti. Lo stesso dicasi per gli avvisi di recupero dei crediti d'imposta e ovviamente per gli atti di accertamento.
Non sarà dunque possibile, in linea di principio, chiudere tutte le controversie contro gli atti dell'agente della riscossione pur se promosse anche contro l'Agenzia, quali ad esempio i preavvisi di fermo amministrativo, le iscrizioni di ipoteca e le intimazioni di pagamento. In questi casi, infatti, non è in discussione il quantum della pretesa erariale ma la legittimità della procedura adottata. Si faccia il caso del provvedimento di iscrizione di ipoteca non preceduto dalla comunicazione preventiva (articolo 77, c. 2 bis, Dpr 602/73). Ugualmente, non possono essere sanati gli avvisi di liquidazione dell'imposta di registro.
Le cose si complicano quando si impugna un atto successivo a quello propriamente impositivo, nel presupposto che quest'ultimo non sia stato validamente notificato, come l'impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo a seguito di un atto di accertamento esecutivo che il contribuente dichiara di non aver ricevuto. In questo caso, si è dell'avviso che la controversia sia definibile, purché ne sia parte anche l'Agenzia, poiché investe la correttezza del procedimento di notifica di un atto impositivo, seppure attraverso l'impugnazione di un atto che non ha tale qualifica.
Nei casi in cui la lite non possa rientrare nella disciplina in esame, sarà sempre possibile verificarne la definibilità con la rottamazione ter. In tale contesto, infatti, non conta quale sia l'atto impugnato ma che esista un affidamento all'agente della riscossione al 31 dicembre 2017.