Imposte

Depositi Iva aperti a tutti i beni

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di Matteo Balzanelli, Massimo Sirri e Riccardo Zavatta

Nuove opportunità, ma anche nuovi vincoli nell’utilizzo dei depositi Iva con le regole del Dl 193/2016, in vigore dal 1° aprile di quest’anno. Il decreto si muove lungo una duplice direttrice:

vengono notevolmente ampliate le possibilità di ricorrere all’istituto, grazie all’eliminazione dei limiti di carattere soggettivo in relazione ai destinatari delle cessioni (che potranno anche essere soggetti passivi nazionali) e di quelli oggettivi sulle categorie di beni ammessi;

aumentano le cautele per l’estrazione dei beni, nell’ottica di meglio fronteggiare i fenomeni di frode (si vedano gli altri articoli in pagina).

La doppia apertura

Gli operatori accoglieranno con favore la facoltà di effettuare senza pagamento dell’imposta le vendite nei confronti di acquirenti nazionali, eseguite con introduzione dei beni in un deposito Iva. In precedenza, tale possibilità era ammessa solo in caso di cessione a soggetti passivi identificati Iva in altro Stato Ue (articolo 50-bis, comma 4, lettera c), Dl 331/93). Inoltre, la detassazione dell’operazione era comunque esclusa se il cessionario comunitario – identificato ai fini Iva in Italia o con rappresentante fiscale in Italia – interveniva nell’acquisto utilizzando la partita Iva italiana (risoluzione 66/2001).

Dal 1° aprile, quindi, sarà possibile vendere beni senza applicazione del tributo ad altri operatori nazionali, immettendoli in deposito Iva. Inoltre, dovrebbe considerarsi inoperante anche la preclusione all’utilizzo delle posizioni Iva nazionali assunte da soggetti passivi esteri (comunitari o meno), per l’effettuazione di acquisti interni al territorio dello Stato.

Ma non è tutto. Con l’abrogazione della lettera d) del comma 4 citato in precedenza, infatti, è stata eliminata la limitazione di carattere oggettivo secondo cui possono formare oggetto di cessione a operatori nazionali solo le vendite dei beni elencati nella tabella A-bis, allegata al Dl 331/93 (materie prime alimentari e altre commodities). Con questa “liberalizzazione”, gli operatori nazionali potranno vendere beni di qualsiasi tipo ad altri operatori nazionali senza addebitare l’Iva, alla sola condizione d’introdurre fisicamente le merci cedute nei depositi, presupposto ritenuto imprescindibile dal fisco (circolari 16/D/2006 e 12/E/2015) e giudicato legittimo dalla giustizia europea (C-272/13).

Le ricadute per gli operatori

Ne trarranno sicuro giovamento le vendite a catena fra soggetti nazionali, soprattutto nel caso di merci soggette a molteplici transazioni in un arco di tempo ridotto, ma anche quelle che prevedono il successivo (magari solo sperato) trasferimento all’estero dei beni. Fra queste, in particolare, potrebbero trovare nuovo impulso le triangolazioni, nelle quali un soggetto nazionale acquista beni da un altro operatore nazionale per la successiva esportazione o in vista di una cessione intracomunitaria. Queste transazioni si bloccano spesso per la ritrosia del primo cedente sia in ordine all’effettivo trasferimento dei beni all’estero (e al relativo regime delle prove), sia per l’incertezza con riguardo alla successiva rivendita dei beni a un soggetto terzo fuori del territorio nazionale (acuitesi dopo la sentenza 22172/2013 della Cassazione).

Se il cessionario residente accetta d’introdurre i beni acquistati in un deposito Iva (con presumibile conseguente aggravio di oneri), il primo fornitore nulla potrà eccepire in merito al successivo concreto svolgimento dell’operazione, visto che, ai fini della detassazione della vendita posta in essere nei confronti dell’acquirente nazionale, è sufficiente l’introduzione dei beni in un deposito Iva in Italia.

Nelle situazioni potenzialmente rischiose, la sicurezza offerta dalle nuove regole potrebbe superare il “danno” per il primo cedente che deriva dalla mancata rilevanza dell’operazione ai fini dell’acquisizione dello status d’esportatore abituale e del plafond per acquisti senza applicazione dell’imposta. Le cessioni in questione, infatti, si configurano come vendite “interne” a tutti gli effetti, ancorché in regime di non assoggettamento a imposta.

Cosa cambia dal 1° aprile

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