Detrazione Iva sprint anche per le note di variazione
Detrazione Iva sprint anche per la nota di variazione in diminuzione. Questo l’effetto correlato al nuovo limite temporale per l’esercizio della detrazione che, nella peggiore delle ipotesi, riduce da 28 a 4 mesi anche il termine per l’emissione della nota di variazione.
In base alle modifiche apportate dall’ articolo 2 del Dl 50/2017 (ora in corso di conversione alla Camera), la detrazione può essere esercitata, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto è sorto, anziché con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo come previsto nella previgente disposizione. Correlativamente, in base all’articolo 26, comma 2, del Dpr 633/1972, il cedente o prestatore ha il diritto di detrarre l’Iva nel rispetto dell’articolo 19, al verificarsi di determinati eventi che modificano l’imponibile e l’imposta quali, ad esempio, le procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
Essendo l’Iva un tributo periodico, la nuova disposizione troverebbe applicazione solo dal 2018, con la conseguenza che l’Iva relativa agli anni 2015 e 2016 potrebbe essere ancora recuperata rispettivamente entro la scadenza della dichiarazione Iva 2018 e 2019 (articolo 3 dello Statuto del contribuente). Di conseguenza, in caso di pignoramento negativo a dicembre 2018, la nota di variazione potrà essere emessa, al più tardi, entro il 30 aprile 2019, scadenza della dichiarazione Iva relativa all’anno 2018. Il contribuente avrà quindi solo 4 mesi per recuperare l’Iva non riscossa. Ciò implica che sarà ancora più difficile per i contribuenti recuperare l’Iva sui crediti incagliati, tenendo conto che la nota di variazione potrà essere emessa al più tardi con la dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione.
Il più breve termine per l’esercizio alla detrazione - in aggiunta ai costi che il creditore insoddisfatto è costretto a sostenere per il recupero del credito - solleva non pochi dubbi di incompatibilità della normativa italiana con quella comunitaria. Il creditore insoddisfatto continua, come in passato, ad accollarsi non solo l’onere delle azioni esecutive – anche se anti-economiche in ragione dell’ammontare del credito vantato e delle basse prospettive di recupero – ma anche la gestione amministrativa del nuovo termine di detrazione.
Tale impostazione è in contrasto con le disposizioni comunitarie che condizionano la riduzione della base imponibile e dell’imposta al mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo, e non alla causa rappresentata dalle procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose (articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce).
Eppur vero che la direttiva Iva riconosce agli Stati membri di derogare nel caso di mancato pagamento, totale o parziale, del corrispettivo, tuttavia, la Corte di giustizia ha in più occasioni sancito che il legislatore nazionale non può imporre limiti che rendano impossibile o eccessivamente oneroso il recupero dell’Iva (C-588/10).
Peraltro, l’Italia si è avvalsa di tale deroga, prevedendo la riduzione della base imponibile solo in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, del corrispettivo qualora le procedure concorsuali o esecutive siano rimaste infruttuose.
In ultimo, la legge di Bilancio 2016 aveva accelerato i tempi di recupero dell’Iva, anticipando l’emissione della nota dalla data in cui il cliente è assoggettato a una procedura concorsuale (mai entrata in vigore). Dal 2017 si ritorna alle vecchie regole, nel caso di fallimento, la nota può essere emessa con il piano di riparto finale ( circolare 8/E/2017 ).
La manovra correttiva - Dl 50/2017