Controlli e liti

Direttiva Dac6, la comunicazione ricade sugli intermediari coinvolti

Il fornitore di servizi è tenuto alla segnalazione solo se ha «conoscenza effettiva» del meccansimo attuato

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di Alberto Sandalo e Antonio Tomassini

Il percorso attuativo degli obblighi di comunicazione previsti dalla Dac6 (direttiva Ue 2018/822) sembra giunto a compimento. Nel giro di due settimane, al Dlgs 100/2020 di recepimento si sono affiancati il Dm attuativo del 17 novembre 2020 e il provvedimento dell’agenzia delle Entrate pubblicato il 26 novembre. Tutto ciò alle porte della prime scadenze:
- il 28 febbraio 2021, per i meccanismi attuati tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020 (obbligo cosiddetto di backfill);

- 30 giorni a decorrere dal 1° gennaio 2021, per le comunicazioni relative al periodo tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2020.

Il percorso di recepimento è stato travagliato, e ha visto l’Italia “bucare” il termine fissato dalla direttiva per il 31 dicembre 2019 (a oggi la lista dei ritardatari annovera solo Spagna e Cipro). Il Dlgs 100/2020 ha frustrato le aspettative di chi si attendeva regole in grado di superare la “fisiologica” genericità della direttiva Ue. Il Dm attuativo del 17 novembre ha il pregio di chiarire alcuni aspetti, ma sembra introdurre elementi di complessità del tutto nuovi – come la valutazione quantitativa del criterio del vantaggio fiscale (si veda l’articolo sopra) – che non forniscono agli operatori la guida necessaria a orientarsi in un territorio accidentato e “vergine”.

Promotori e fornitori di servizi
Le incertezze non vertono solo sul cosa comunicare e quando, ma anche su chi debba farlo. L’obbligo cade principalmente sulla categoria aperta degli intermediari, alla quale si riconduce il mondo delle professioni e degli intermediari finanziari, ma suscettibile d’interpretazione estensiva; e non è escluso che alla fine ricada anche sulle società clienti degli intermediari. La Dac6 distingue gli intermediari “promotori” dai “fornitori di servizi”. Capire se in concreto si rientra in una o nell’altra categoria ha conseguenze dirimenti.

Quando l’intermediario è un “fornitore di servizi” (coinvolto nel meccanismo in una posizione di “secondo piano” rispetto al promotore, limitata all’assistenza o alla consulenza), l’obbligo scatta solo se, nei fatti, è soddisfatto il cosiddetto standard di conoscenza dettato dal Dlgs 100/2020 e disciplinato dal decreto ministeriale. Il fornitore di servizi comunica solo se le informazioni a lui «prontamente disponibili», in ragione dell’attività prestata, gli conferiscono una «conoscenza effettiva» del meccanismo. Conoscenza che va parametrata al grado di «competenza necessaria» e al «livello di esperienza ordinariamente richiesto» per la prestazione di tali servizi.

Intermediari non secondari
L’obiettivo – meritorio – è di evitare che gli obblighi Dac6 possano essere interpretati nel senso di richiedere a soggetti coinvolti a titolo marginale o “accidentale” in operazioni cross-border di eseguire complesse e costose attività di due diligence, ulteriori rispetto a quanto già richiesto in altri ambiti (si pensi all’antiriciclaggio). La distinzione giuridica sembra tuttavia sottilissima e assai dipendente dalle più varie e imprevedibili circostanze dei casi concreti.È solo uno degli aspetti – insieme all’incerto perimetro della causa di esonero del segreto professionale e alla sfuggente interpretazione di certi hallmarks, solo per citarne altri – che potrebbero portare a una moratoria delle sanzioni nel 2021: un anno che si prospetta non meno travagliato di quello in corso.

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