Controlli e liti

Diritto societario, la complessità non scusa il sindaco

di Giovanni Negri

Non sarà un controllo sul merito della gestione, ma gli ampi poteri ispettivi che la legge affida ai sindaci delle società quotate devono essere esercitati senza omissioni. Soprattutto quando hanno per oggetto temi assai sensibili come le operazioni con parti correlate. Lo mette nero su bianco la Corte di cassazione con la sentenza n. 5357 della Seconda sezione civile depositata ieri. La pronuncia ha così respinto il ricorso presentato contro la sanzione amministrativa di 400mila euro inflitta nel 2013 a uno dei sindaci di Fonsai. Nel mirino, in particolare, una serie di illeciti amministrativi, fondati sulla omessa o carente vigilanza in relazione a una serie di dettagliate operazioni immobiliari, dai contratti di consulenza con Salvatore Ligresti, alla determinazione dei compensi per gli amministratori.

Tra i motivi dell’impugnazione si faceva notare, tra l’altro, come gli amministratori avevano fornito al collegio sindacale solo informazioni parziale e incomplete, rendendone di fatto inesigibile l’esercizio del controllo. Si sottolineava ancora l’impossibilità di considerare oggetto del controllo l’esame di atti di gestione e come il metro di giudizio avrebbe dovuto fondarsi sulla normale diligenza professionale, tenuto conto dell’effettiva struttura societaria, del numero rilevante delle controllate e delle operazioni svolte.

La Cassazione mette in evidenza come l’articolo 149 del Testo unico della finanza attribuisce ai sindaci poteri di ispezione e di richiesta di informazioni e chiarimenti; poteri che non si attuano però solo sulla base dei dati forniti dai manager, con obbligo almeno trimestrale sulle principali operazioni finanziarie, economiche, patrimoniali, ma anche attraverso lo svolgimento di indagini autonome.

Sarà pur vero poi che Fonsai controllava all’epoca oltre 120 società, ma questo non deve suonare a scusante. La complessa articolazione della struttura organizzativa di una società quotata non può comportare l’esclusione o il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo di ogni componente del controllo sindacale.

«Non viene dunque in esame - avverte la Cassazione - nel caso in esame, un controllo sul “merito” delle scelte gestionali, ma l’omesso esercizio degli ampi poteri rispettivi e di monitoraggio della gestione che la legge impone ai sindaci, anche mediante comunicazioni alla Consob, esercizio che, nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato essere stato del tutto incompleto ed inadeguato, ben potendo i sindaci, anche in presenza di informazioni insufficienti da parte degli amministratori, attivarsi in proprio per acquisire i necessari elementi conoscitivi».

Ad aggravare la vicenda approdata sino in Cassazione, c’è poi il fatto che le contestazioni della Consob non hanno avuto per oggetto alcune operazioni isolate, ma diverse operazioni effettuate con parti correlate e tutte di rilevantissimo valore economico.

Cassazione, II sezione civile, sentenza 5357 del 7 marzo 2018

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