Divieto di compensazione di crediti dell’accollante
Lo schema di decreto legge recante disposizioni urgenti in materia fiscale dedica uno specifico titolo alle “Misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva e alle frodi fiscali”. Tra le altre previsioni, il titolo citato introduce apposite disposizioni in tema di accollo fiscale e di compensazioni in ipotesi di provvedimento di cessazione di partita Iva e di esclusione dalla banca dati Vies.
La manovra interviene sull’istituto dell’accollo fiscale (articolo 8, comma 2, legge 212/00) al fine di prevenire comportamenti fraudolenti, quali l’indebita compensazione di crediti non esistenti, ponendo un divieto assoluto di utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante: in passato era possibile che il debito dell’accollato (contribuente) fosse pagato dall’accollante (soggetto terzo), non con versamento diretto, bensì tramite compensazione con crediti della cui provenienza e legittimità non vi era certezza.
L’istituto, già trattato dalla giurisprudenza in sede penale (Cassazione 29870/2018 e 6945/ 2017 in tema di delitto di indebita compensazione di cui all’articolo 10-quater del Dlgs 74/00) nonché da un intervento di prassi dell’agenzia delle Entrate (risoluzione 140/17), con la misura in via di introduzione viene quindi modificato, coerentemente con quanto sostenuto anche dalla giurisprudenza di merito (Ctp Milano 2719/19/19), andando a inibire, ex lege, il pagamento del debito tributario mediante utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante.
A seguito della modifica introdotta dalla bozza di decreto fiscale, eventuali pagamenti mediante compensazione sono da considerarsi come non avvenuti agli effetti di legge e si applicano le sanzioni previste per i ritardati o omessi versamenti, nonché le specifiche sanzioni previste per le indebite compensazioni.
I termini per gli atti di recupero delle sanzioni, dell’imposta non versata e dei relativi interessi beneficiano di termini più estesi rispetto a quelli ordinari, essendo notificabili, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento.
È infine prevista la responsabilità solidale dell’accollante con l’accollato, per l’imposta e gli interessi dovuti (non per le sanzioni).
Si evidenziano alcune particolarità insite nella disposizione in commento che riflettono la volontà del legislatore di voler combattere con misure gravose comportamenti fraudolenti a danno dell’Erario:
il testo di legge non fa riferimento all’utilizzo in compensazione dei soli crediti inesistenti ma di tutti i crediti, quindi anche di quelli esistenti;
per un singolo utilizzo in compensazione, di credito inesistente o meno, in violazione del divieto sono comminate due sanzioni, la prima all’accollante (30% del credito utilizzato) e la seconda all’accollato (30% dell’omesso versamento) con responsabilità solidale del primo su imposta e interessi;
il termine di decadenza dell’azione di recupero è tanto lungo (31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento) quanto ultroneo in ragione degli attuali mezzi a disposizioni del fisco di porre in essere controlli tempestivi.
La cessazione della partita Iva
Ai contribuenti destinatari di provvedimenti di cessazione della partita Iva, ai sensi dell’articolo 35, comma 15-bis, Dpr 633/72, è inibito l’utilizzo in compensazione di qualsiasi credito anche qualora quest’ultimo non sia maturato con riferimento all’attività esercitata con la partita Iva oggetto del provvedimento. L’inibizione rimane in vigore fino a quando la partita Iva risulti cessata
In ipotesi invece di esclusione dalla banca dati Vies (per effetto, ad esempio di un provvedimento connesso al coinvolgimento del contribuente in una frode Iva), è inibita la compensazione, dei (soli) crediti Iva.
In entrambe le ipotesi di legge resta impregiudicata per tali soggetti la possibilità di richiedere i crediti a rimborso nonché il riporto in avanti degli stessi (cosiddetta eccedenza pregressa): tali situazioni consentono infatti un più efficace presidio da parte dell’Amministrazione finanziaria. Diversamente, l’eventuale compensazione comporterà lo scarto della delega di pagamento e quindi l’inefficacia totale della compensazione: al contribuente resterà solo la possibilità di versare gli importi oggetto di compensazione (scartata) ferma restando l’irrogabilità delle sanzioni per gli omessi versamenti effettuati.