Donazioni in natura, il Senato non scioglie il nodo Iva
Ancora incertezze dopo il primo round in Parlamento sulla conversione del Dl 18/2020
È il regime Iva l’aspetto cruciale da affrontare in relazione alla nuova disciplina fiscale delle donazioni per l’emergenza Covid-19. L’articolo 66 del Dl 18/2020 ha introdotto un regime speciale per chi effettua nel 2020 erogazioni liberali di denaro o beni per finanziare gli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza. Alle persone fisiche e agli enti non commerciali sarà riconosciuta una detrazione dall’imposta sul reddito del 30% dell’importo delle donazioni, fino a un massimo di 30mila euro. Per i titolari di reddito di impresa, persone fisiche e giuridiche, le elargizioni saranno interamente deducibili dal reddito soggetto a tassazione (anche ai fini Irap). Le donazioni devono essere destinate a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di enti e istituzioni pubbliche e di fondazioni e associazioni riconosciute.
Le Entrate, con la circolare 8/E, hanno chiarito che possono rientrare nel novero delle donazioni agevolabili anche quelle direttamente effettuate in favore delle strutture di ricovero, cura, accoglienza e assistenza, pubbliche e private coinvolte nella gestione dell’emergenza. Per le donazioni in denaro è sufficiente l’impiego di mezzi che assicurino la tracciabilità ed esplicitino la finalità.
In caso di donazioni tramite piattaforme online di donation crowdfunding occorrerà accertarsi che queste operino quale mero intermediario in favore dell’ente beneficiario e conservare specifica evidenza documentale dell’operazione. Per le donazioni in natura bisogna prestare attenzione alla valorizzazione dei beni donati che deve risultare da una dichiarazione scritta del donatore.
Il nodo più importante da sciogliere resta però la mancanza di disposizioni agevolative ai fini dell’Iva per le donazioni in natura. Come chiarito nella circolare 8/E, il regime fiscale previsto dall’articolo 6, comma 15, della legge 133/99, che equipara le cessioni alla distruzione dei beni con conseguente non applicazione dell’Iva a valle e detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti dal donante, può essere applicato solo ai prodotti alimentari e farmaceutici non più oggetto di commercializzazione. Pertanto, l’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi da parte dei donanti non risulterebbe, negli altri casi, detraibile. Inoltre, nessuna agevolazione è stata prevista per gli acquisti di macchinari e attrezzature per gli ospedali e gli altri enti impegnati nell’emergenza. In considerazione dell’obiettivo del legislatore di incentivare la generosità delle tante imprese donatrici, alle cessioni gratuite di beni e alle prestazioni di servizi erogate gratuitamente nei confronti dei soggetti indicati andrebbe garantita in via eccezionale la non applicazione dell’Iva, fermo restando il diritto alla detrazione sugli acquisti. Inoltre, tutti gli acquisti di beni e servizi effettuati con l’utilizzo delle donazioni in denaro per far fronte all’emergenza andrebbero assoggettati al regime di non imponibilità Iva.
Un tale intervento massimizzerebbe l’efficacia delle donazioni, che potrebbero essere impiegate per fornire con immediatezza i mezzi necessari a fronteggiare l’emergenza, senza penalizzare le imprese. Ciò troverebbe giustificazione nel fatto che queste elargizioni hanno per definizione carattere straordinario e temporaneo. Inoltre, il minor gettito derivante dalla sterilizzazione dell’Iva e delle altre indirette potrebbe essere considerato come un impiego diretto di risorse da parte dello Stato per finalità di natura pubblica in applicazione dei principi costituzionali di solidarietà e di uguaglianza.