Controlli e liti

È onere dell’agente esattoriale chiamare in giudizio l’ente impositore

Per la Cgt Torino la citazione non va autorizzata dal giudice adito e può avvenire in ogni modalità: se va discusso il suo operato non bisogna attendere sennò si incide sui tempi processuali

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di Rosanna Acierno

Nell’ambito dei contenziosi proposti contro gli atti della riscossione, l’ente esattoriale (sia esso l’agenzia delle Entrate Riscossione o il concessionario locale), in forza dell’articolo 39 del Dlgs n. 112/99, può sempre chiamare in causa l’ente impositore qualora il contribuente ricorrente, pur mettendone in discussione l’operato, non lo abbia citato in giudizio.

Inoltre, non essendo configurabile alcun litisconsorzio necessario e trattandosi di una mera denuncia della lite (litis denuntiatio), la citazione in giudizio dell’ente impositore da parte dell’ente esattoriale non deve essere autorizzata dal giudice adito e può essere svolta senza particolari formalismi e in qualunque modalità, purché idonea a fornire la conoscenza della lite.

Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Cgt di Torino con le sentenze gemelle n. 441 e 442, sezione n. 3, entrambe depositate il 6 giugno 2023 (presidente Villa, relatore Nicodano), in linea peraltro con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (tra le altre, sentenze n. 28668/2022 e n. 16685/2019 della Cassazione).

Entrambe le pronunce in commento traggono origine dall’impugnazione di alcune ingiunzioni di pagamento Imu emesse dalla Soris Spa (società di riscossione della città di Torino e della Regione Piemonte) da parte di una società immobiliare che, nel citare in giudizio soltanto il concessionario e non anche il Comune, ne eccepiva peraltro la nullità per omessa notifica degli avvisi di accertamento presupposti.

Costituitasi in giudizio, la società di riscossione Soris chiedeva, in via preliminare, alla Corte di primo grado di accertare e dichiarare il proprio difetto di legittimazione passiva in merito al vizio di notifica degli atti presupposti e di disporre la chiamata in causa del Comune a cura e a spese della società ricorrente ovvero, in subordine, di essere appositamente autorizzato a fare ciò.

Nel respingere questa eccezione e nell’annullare gli avvisi Imu, i giudici torinesi hanno innanzitutto chiarito che, non essendo configurabile alcun litisconsorzio necessario, sarebbe stato onere dell’ente della Riscossione citare in giudizio l’ente impositore.

Infatti, assumendo la posizione processuale di resistenti, assimilabile a quella del convenuto nel giudizio ordinario di cognizione, l’agente della riscossione (e i concessionari locali in generale) non hanno bisogno di alcuna autorizzazione da parte del giudice ai fini della citazione in giudizio dell’ente impositore: l’articolo 269, terzo comma del Codice di procedura civile impone solo all’attore ricorrente, che intenda chiamare un terzo, l’onere di chiederne la preventiva autorizzazione.

Inoltre, secondo la Cgt di Torino, attendere - come ha fatto il concessionario - l’udienza di trattazione del merito del ricorso per chiedere l’autorizzazione a chiamare in causa l’ente creditore, appare gravemente lesivo della posizione del contribuente in quanto in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo sancito dall’articolo 111 della Costituzione che sorregge l’intero sistema processuale.

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