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Edifici residenziali e superbonus: interpelli in ordine sparso sul calcolo delle superfici

La Dre Lombardia si corregge sulle pertinenze ma compara la superficie catastale e non quella reale

di Silvio Rivetti

La risposta delle Entrate all’interpello 5/2022, per la quale le pertinenze non vanno conteggiate nella superficie residenziale degli edifici, per la valutazione della complessiva residenzialità degli stabili ai fini dell’applicazione del superbonus 110%, merita ancora qualche approfondimento. Anche alla luce del recentissimo intervento della Direzione regionale delle Entrate della Lombardia, che ha revocato la propria precedente risposta n. 904-2305/2021, emanata sull’argomento appena quattro mesi fa.

Con quel parere, reso a inizio settembre 2021, la Dre Lombardia aveva per la prima volta proposto una lettura estensiva del tema, equiparando le superfici delle unità pertinenzali a quelle abitative e considerandole anch’esse a uso residenziale. Tale posizione innovativa, peraltro comunicata al solo soggetto istante (e quindi priva di valore interpretativo di carattere generale), risulta ora superata dal recente parere n. 904-133/2022, reso al contribuente dalla stessa Dre in rettifica della risposta precedente.

Con tale revoca, l’ufficio lombardo si allinea formalmente alla risposta 5/2022 della Direzione centrale, sposandone il principio per cui le superfici delle pertinenze, pacificamente componenti le superfici dell’edificio, non sono da considerarsi come abitative.

Premesso che per il contribuente istante la revoca dell’interpello ha effetto solo per i suoi comportamenti futuri, e non incide sulle conseguenze fiscali delle sue scelte precedenti, conformi al primo parere (come disposto dall’articolo 11 comma 3 ultima parte Legge 212/2000, Statuto del contribuente), va notato che i nuovi criteri erariali appaiono chiari nella teoria, ma non privi d’incertezze all’atto pratico. La risposta 5/2022 e i pareri regionali, infatti, attestano la “prevalente residenzialità” degli edifici comparando la superficie “catastale” delle varie unità immobiliari presenti, e non la loro superficie “complessiva”, come invece chiaramente sancito alla pagina 15 della circolare n. 24/E/2020 (pur richiamata nelle risposte sopra citate).

Il cambiamento – nella prassi erariale citata – dell’unità di misura di riferimento per la “prevalente residenzialità” dei fabbricati, con il passaggio dai metri quadri “reali” ai metri “catastali”, merita un’opportuna riflessione; e non solo perché tale revirement non è stato motivato, ma soprattutto perché conduce a valutazioni difformi rispetto alla realtà delle situazioni edilizie.

La superficie “catastale” è infatti ben altra cosa da quella “reale”, perché si computa in applicazione delle specifiche regole di misurazione tecnica di cui all’Allegato C del Dpr 138/1998, per effetto delle quali la metratura “catastale” delle unità immobiliari è immancabilmente diversa da quella effettiva. In applicazione di tali regole (sinora rilevanti in ambito strettamente catastale e, al più, ai fini del computo della Tari), non potrà sfuggire che la superficie catastale delle pertinenze è da calcolarsi sempre e comunque in riduzione: in particolare, nella misura della metà della rispettiva superficie reale, se le pertinenze sono comunicanti con i vani principali; o addirittura nella misura del 25%, se esse non sono comunicanti con quelli. Questi valori andranno quindi paragonati alle estensioni “catastali” delle abitazioni, a loro volta diverse dai metri quadri effettivi (si pensi ad esempio ai balconi e ai ripostigli, che vengono catastalmente metrati in maniera ridotta rispetto ai vani principali).

Se dunque, per il Fisco, il confronto deve avvenire tra le sole superfici “catastali” delle unità immobiliari, sarebbe allora bene evitare gli equivoci della risposta 5/2022, che prende in considerazione unità di misura diverse da quelle rappresentate dal contribuente istante. La risposta esclude infatti dal 110% l’edificio unifamiliare ivi descritto, assumendone la “non residenzialità” per la prevalente superficie “catastale” di una sua pertinenza, nonostante che l’istante non rappresenti calcoli catastali e riferisca l’ampiezza delle superfici dell’edificio in termini “reali”. Le risposte regionali, dal canto loro, ragionano anch’esse sulle superfici “catastali”, discostandosi dall’indicazione della circolare 24/E/2020 sulle superfici “complessive” degli edifici. Se insomma è chiaro che la superficie della pertinenza non si conteggia in quella residenziale, non altrettanto chiaro è quale tipo di superficie, se reale o catastale, sia da comparare.