Contabilità

Errori contabili, semplificazione efficace se di portata ampia

Una circolare Assonime afferma la necessità di estendere la tipologia di errori oggetto di correzione, prevista dal Dl 73/2022

La semplificazione introdotta dal Dl 73/2022 per cui gli errori contabili hanno anche rilevanza fiscale, senza più dover ricorrere ai meccanismi delle dichiarazioni integrative, è senza dubbio una grossa novità. Anche perché a certe dimensioni d’impresa le chiusure dei conti a ridosso di fine anno comportano un certo margine di errore, che poi veniva “sistemato” attraverso meccanismi, quale quello della circolare 31/E/13 sugli errori contabili, farraginosi. E che talvolta hanno anche comportato l’innesco di contenziosi, sebbene la pronuncia stessa prevedesse un obbligo in capo all’Agenzia di verificare in contraddittorio col contribuente la procedura. Ben venga, quindi, la semplificazione, ma è importante che le nuove regole siano di applicazione chiara. Molte considerazioni finora sviluppate sono state ben illustrate dalla circolare Assonime n. 31.

Un primo tema riguarda il momento in cui l’errore viene scoperto e corretto. Poiché si tratta di situazioni molto complesse, dovrebbe valere la correzione indipendentemente dal fatto di sindacare quando essa è stata apportata. Anche perché esiste un meccanismo di “chiusura” in quanto l’Agenzia potrà sempre in fase di controllo sanzionare quei comportamenti pregressi che medio tempore non sono stati sistemati.

Altro punto rilevante riguarda la tipologia di errori oggetto di correzione. Perché in base ai principi Oic 29 e Ias 8 gli errori attengono a tre fattispecie: competenza, ovvero collocazione temporale dei componenti attivi/passivi; qualificazione e classificazione di bilancio (ad esempio, una componente rilevata come apporto anziché come ricavo, oppure un costo per materie prime trattato come interesse passivo); quantificazione (un componente negativo rivelatosi poi inferiore e che ha dato origine a sopravvenienza attiva).

Qui la portata della norma sarebbe ampia se venissero ricomprese tutte e tre le fattispecie, ma andrà chiarita la corretta interpretazione. Non vi rientrano invece gli errori di rilevanza solo fiscale, come la corresponsione per cassa dei compensi agli amministratori.

La norma stabilisce poi l’indeducibilità delle componenti negative per cui sia scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa. Essa è figlia dell’impostazione dell’Agenzia per cui non è consentita la deduzione di costi che si riferiscono a periodi d’imposta chiusi. Invece le poste contabili di segno positivo, riferibili a errori commessi in periodi d’imposta chiusi, sono comunque imponibili. La ratio di ciò si fonda sul fatto che l’emersione del componente positivo ne determina sempre la tassazione.

Dovrebbe invece essere pacifico che la norma abbracci sia gli errori rilevanti (a patrimonio netto e in ambito Oic e Ias) sia quelli non rilevanti (a conto economico in ambito Oic e anche in ambito Ias). Inoltre la stessa dovrebbe applicarsi, evitando le sanzioni da infedeltà dichiarativa, anche laddove la correzione contabile non si possa più operare perché la sistemazione ha riguardato bilanci precedenti.

Circa il trattamento fiscale delle poste contabili di correzione, a seguito del processo di correzione contabile, le componenti reddituali dovrebbero acquisire rilevanza fiscale nel periodo d’imposta in cui sono iscritte secondo le regole vigenti in detto esercizio. La norma ha un’efficacia temporale dal 2022, dovendosi applicare alle correzioni effettuate dal 2022 su errori contabili di periodi precedenti. Per le correzioni ante 2022 un utilizzo anche per il passato risulterebbe più aderente all’obiettivo di semplificazione.

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