Esportazioni indirette senza Iva con uscita dopo più di 90 giorni
Non sono imponibili Iva le esportazioni indirette anche se i beni lasciano il territorio Ue oltre i 90 giorni. Pertanto, l'eventuale imposta nel frattempo versata può essere recuperata mediante l'emissione di nota di credito o richiesta di rimborso.
È quanto chiarito dall'agenzia delle Entrate, risoluzione 98/E di ieri, nella risposta alla richiesta di chiarimenti in merito alla corretta applicazione dell'articolo 8, comma 1, lettera b) Dpr 633/1972, secondo il quale le esportazioni regolate dalla clausola ex works (esportazioni indirette) beneficiano del regime di non imponibilità solo se i beni escono dal territorio comunitario entro 90 giorni dalla consegna al cessionario.
Nel caso in cui l'esportazione si perfezioni oltre tale termine, il cedente deve, quindi, regolarizzare l'operazione addebitando al cessionario l'Iva, a nulla rilevando che la merce sia stata effettivamente esportata.
Alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 19 dicembre 2013, relativa alla causa C-563/12, è stato chiesto all'Agenzia di rivedere l'interpretazione data alla norma in parola. Nell'esaminare la legittimità del termine di 90 giorni previsto dalla legislazione ungherese ai fini della detassazione delle cessioni all'esportazione, i giudici comunitari hanno ritenuto possibile che i singoli Stati membri vincolino l'applicazione del regime in commento ad un termine entro il quale deve realizzarsi il trasferimento fisico dei beni.
Tuttavia, una normativa nazionale che subordini l'applicazione del regime di non imponibilità ad un termine in uscita della merce, senza però consentire al soggetto passivo di dimostrare che la condizione per beneficiare dello stesso sia stata comunque soddisfatta, e senza prevedere il diritto al rimborso dell'Iva già corrisposta, eccede quanto necessario per il conseguimento dell'obiettivo di contrastare fenomeni di elusione ed evasione fiscale.
Preso atto dell'orientamento della Corte, l'Agenzia ha rilevato che negare il regime di non imponibilità, nel caso in cui sia possibile dimostrare che i beni hanno lasciato il territorio comunitario, pur dopo 90 giorni dalla consegna al cessionario, e non consentire il recupero dell'imposta eventualmente versata a titolo di regolarizzazione non è in linea con l'assunto dei giudici. Pertanto, la risoluzione n. 98/E/14 ha chiarito che il regime di non imponibilità si applichi sia nel caso in cui il bene esca dal territorio Ue entro 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine di 30 giorni per effettuare la regolarizzazione, che quando il bene lasci il territorio comunitario oltre 90 giorni. Di conseguenza, è possibile recuperare l'Iva nel frattempo versata mediante l'emissione di una nota di credito entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è avvenuta l'esportazione, o in alternativa, attraverso la presentazione di apposita richiesta di rimborso entro il termine di 2 anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso. Va da sé che se la merce è esportata oltre 90 giorni, ma nei 30 giorni previsti per la regolarizzazione si abbia prova dell'avvenuta esportazione, il contribuente potrà esimersi dal versamento dell'imposta, senza che sia applicata alcuna sanzione.
La risoluzione 98/E diffusa ieri dall’agenzia delle Entrate