Falcidia Iva applicabile anche nel sovraindebitamento
La falcidia dell’Iva nelle procedure di sovraindebitamento è possibile. Il Codice delle crisi d’impresa conferma gli orientamenti giurisprudenziali più recenti come ad esempio quello del Tribunale di La Spezia che, con una sentenza del 10 settembre scorso, propone un’interpretazione innovativa che si distanzia da un orientamento giurisprudenziale più restrittivo, in linea con quanto in precedenza affermato per il concordato preventivo
La falcidia dell’Iva
La problematica della falcidia del debito nascente da omesso pagamento dell’Iva è assai complessa e delicata all’interno di ogni procedura concorsuale, sia nel sovraindebitamento che nel concordato preventivo, poiché accade di sovente che sia impossibile per l’imprenditore in crisi proporre una soluzione negoziale che permetta l’integrale soddisfazione del debito Iva, rendendo di fatto inammissibile la proposta formulata.
La problematica origina dal fatto che l’Iva, a pari dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea e delle ritenute operate e non versate, veniva considerata un tributo comunitario, in quanto tale, infalcidiabile.
Tuttavia, la più recente giurisprudenza (Corte di Giustizia dell’Unione Europea seconda sezione sentenza del 07 aprile 2016 pronunciata nella causa C-546/2014, Corte di Cassazione a Sezioni Unite sentenza n. 26988/2016) e gli ultimi interventi normativi (art. 1, comma 81, legge 232/2016 che ha modificato l’art. 182 ter legge fallimentare.), hanno consentito di affermare quale principio generale, applicabile a tutte le procedure di soluzione negoziale della crisi d’impresa, quello della soddisfazione in misura anche solo parziale del debito Iva.
L’orientamento dei giudici
Se la problematica appare risolta nelle procedure maggiori attraverso il percorso giurisprudenziale e normativo sopra citato, diversa era la situazione con riferimento alla procedura di sovraindepitamento poiché l’art. 7 della legge 3 del 2012 espressamente impone il pagamento integrale del debito Iva, consentendone al massimo una dilazione.
Il Tribunale di La Spezia ha fornito invece un’interpretazione diversa e certamente innovativa nell’ambito del sovraindeitamento sulla scia di quanto affermato in precedenza da un paio di tribunali di merito. Il caso riguardava una proposta di accordo di composizione della crisi formulata da un’impresa individuale con il pagamento del 13% del debito Iva entro 60 mesi dall’omologa dell’accordo stesso.
Il Tribunale effettua una puntuale e precisa ricostruzione, partendo da un’analisi della titolarità della potestà legislativa in materia di Iva cui consegue l’affermazione che la stessa sia concorrente tra Ue e Stati membri, e analizza i rapporti tra gli atti normativi adottati dall’Ue e quelli adottati dallo Stato italiano, come concorrenti in tema di Iva, ponendo in evidenza la circostanza che ogni Stato membro può introdurre una specifica disciplina dell’Iva da esso ritenuta più opportuna, purché la stessa disciplina non si ponga in contrasto con i principi stabiliti dall’Ue, e anzi ne garantisca l’attuazione, essendo vincolato all’osservanza dei principi di effettività della riscossione e di neutralità fiscale indicati dall’Ue stessa.
Il tribunale evidenzia poi che, secondo l’insegnamento del Giudice delle leggi, costituiscono normativa Ue, direttamente applicabile dal Giudice dello Stato membro, i principi dell’ordinamento Ue come riportati negli atti normativi dell’Ue, oppure esposti in via interpretativa dalla Corte di Giustizia Ue, qualora sia possibile trarre dagli stessi situazioni giuridiche direttamente tutelabili in giudizio. In particolare, la disapplicazione della normativa interna in contrasto con i principi Ue è necessaria, da parte del giudice nazionale, anche nei casi di concorrenza tra legislazione nazionale e legislazione Ue, nei quali la Ue si sia limitata ad indicare i principi vincolanti per la normativa nazionale di dettaglio, nell’ipotesi in cui la normativa nazionale si ponga in contrasto con i principi che, al contrario, avrebbero dovuto essere attuati dal legislatore nazionale.
lla luce di tali assorbenti considerazioni e del fatto che l’imprenditore non possa essere sottoposto a differenti trattamenti in materia di Iva nell’ambito delle procedure concorsuali, il Giudice arriva a disapplicare l’art. 7 della legge 3/2012 limitatamente al divieto di falcidia dell’iva.
La riforma
Il Dlgs 14/2019 di riforma della crisi d’impresa interviene sulla questione (articolo 74 che sarà però in vigore dal 15 agosto del 2020) prevedendo l’applicabilità in via analogica delle norme in tema di concordato preventivo al concordato minore, superando ogni dubbio in merito alla falcidiabilità dell’Iva anche in virtù della scomparsa dal testo di una norma ostativa al riguardo.