Professione

Fallimento, l’allerta mette a rischio le società quotate all’Aim

di Emmanuele Mastagni

A breve dovrebbe essere varata la riforma organica del diritto concorsuale e, tra le sue principali novità, avrà un ruolo primario la previsione degli strumenti di allerta, cioè un insieme di norme che, tra l’altro, disciplinano il processo di segnalazione e di emersione della crisi aziendale.

Dall’analisi delle norme contenute nella bozza, sembrerebbe emergere un possibile rischio per tutte le società quotate sul listino Aim Italia. Come già previsto dalla legge delega 155 del 19 ottobre 2017, che ha avviato l’iter della riforma, le società quotate dovrebbero costituire una delle eccezioni all’applicazione della procedura di allerta; nonostante ciò, la formulazione del testo attualmente al vaglio delle commissioni esclude esplicitamente solo le società aventi «azioni quotate in mercati regolamentati». Da un punto di vista tecnico, Aim Italia è un sistema multilaterale di negoziazione in base alla direttiva Mifid e, pertanto, non rientra formalmente nella definizione di mercato regolamentato; per questa ragione, un’interpretazione restrittiva della norma potrebbe potenzialmente assoggettare le società quotate all’Aim alle procedure di allerta, con conseguenze negative per tutte le società presenti nel listino e per l’andamento dello stesso segmento di mercato.

Per poter comprendere la portata di queste scelte, è bene effettuare una breve analisi. Uno dei principali obiettivi della riforma è la tempestiva emersione dello stato di crisi aziendale; per questa ragione, il legislatore ha identificato alcuni indicatori rivelatori di stato potenziale di crisi all’interno della società, obbligando determinati soggetti - sia interni che esterni alla società stessa – ad effettuare la relativa segnalazione. È evidente che le società assoggettate alla procedura di allerta possono subire effetti negativi, derivanti dalla sola divulgazione della notizia della possibile crisi, motivo per cui il legislatore ha espressamente previsto precise modalità operative volte a conferire «natura confidenziale» a queste procedure, nonché l’espressa esclusione di determinate categorie di soggetti che non potrebbero mantenere un necessario profilo di riservatezza.

Tra le esclusioni sono previste le società quotate, i cui obblighi di trasparenza risultano incompatibili con il profilo «confidenziale» citato tra principi cardine della disciplina di allerta già all’interno dalla legge delega.

Ragionando per ipotesi, laddove una società quotata subisse la segnalazione relativa all’esistenza di uno stato potenziale di crisi, sarebbe poi obbligata a fornirne immediata comunicazione a un ampio ed eterogeneo insieme di soggetti (tra cui la Consob); questa notizia rappresenterebbe una comunicazione «price sensitive», cioè un’informazione dalla cui divulgazione risulta ragionevole attendersi una modifica sostanziale dell’andamento del titolo. Informare il mercato della possibile crisi della società quotata avrebbe quale immediata conseguenza il crollo del prezzo del titolo, con risvolti non solo per l’emittente, ma anche per gli investitori.

Queste dinamiche sarebbero comuni a tutte le società quotate, a prescindere dal mercato di riferimento. Risulta allora fondamentale procedere a una modifica della norma per fugare ogni dubbio sull’effettiva esclusione dall’applicazione della disciplina di allerta anche per le società quotate sul segmento Aim Italia.

Nel caso in cui non fosse attuata questa modifica, l’eventualità che una qualsiasi società quotata su Aim possa subire procedure di allerta aumenterebbe il profilo di rischio per chi vi investe e, conseguentemente, potrebbe determinare una perdita di interesse verso uno dei segmenti di Borsa tra i più dinamici e in crescita degli ultimi anni.

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