Adempimenti

Fattura semplificata ad ampio utilizzo

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di Michele Brusaterra

Nella fattura semplificata la partita Iva o il codice fiscale sono alternativi ai dati "tradizionali" e sono sufficienti per la registrazione del documento.
La circolare n. 18/E, emanata dall'Agenzia delle entrate per fornire ulteriori chiarimenti in merito alla fattura elettronica, ne approfitta anche per chiarire alcuni dubbi riguardanti la fattura semplificata.
Tale documento, disciplinato dall'articolo 21-bis del DPR 633/72 e introdotto nel nostro ordinamento tributario, a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 2010/45/UE, dal primo gennaio 2013, può essere emesso per operazioni di ammontare complessivo non superiore a cento euro, nonché come fattura rettificativa ossia come nota di variazione sia in aumento che in diminuzione.
Proprio con riferimento a quest'ultima funzione attribuibile al documento, la circolare conferma ancora una volta (si veda anche la circolare n. 13/E del 2013) il disposto normativo, ossia l'assenza di limiti di valore. La fattura semplificata rettificativa, quindi, non deve rispettare l'importo massimo di cento euro, valido solo quando essa assume la veste di fattura, e potrà rettificare imponibile e/o imposta anche relativi ad una fattura "ordinaria", ossia non semplificata. Viceversa, in presenza di una fattura semplificata che deve essere rettificata in tutto o in parte, la nota di rettifica può assumere anche la veste di fattura ordinaria.
Non vi è, quindi, né un obbligo di utilizzo della sola fattura semplificata per emettere note di variazione, né un vincolo di formato da rispettare nel collegamento tra fattura e sua nota di rettifica, mentre è necessario che il documento, ancorché emesso con modalità semplificata, indichi "il riferimento alla fattura rettificata e le indicazioni specifiche che vengono modificate", al fine di una sua correlazione con il documento originario nonché per la tenuta di una corretta contabilità.
Per quanto concerne i dati minimi da inserire nella fattura semplificata, l'Agenzia delle entrate ribadisce che i dati "tradizionali" del cessionario o committente, indicati alla lettera e), dell'articolo 21-bis della legge Iva e consistenti nella ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio, ovvero nella ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti, sono alternativi alla partita Iva o al codice fiscale, o al numero di identificazione Iva attribuito dallo Stato membro. Questa alternatività resta valida anche nel caso in cui cedente o prestatore abbiano a disposizione sia i dati tradizionali che il codice identificativo; vi è, dunque, una piena libertà di scelta negli elementi identificativi da utilizzare e tale scelta non preclude, in ogni caso, il diritto alla detrazione dell'imposta in capo al cessionario o committente, fatte salve le limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo eventualmente applicabili.
Di conseguenza, la registrazione della fattura semplificata da parte del cedente o del prestatore dovrà avvenire utilizzando i soli dati in essa presenti e nell'ipotesi in cui, quindi, fosse stato inserito solo il codice identificativo, l'obbligo di registrazione risulta "correttamente assolto" attraverso l'indicazione di tale ultimo dato che, a tutti gli effetti, sostituirà i così detti dati "tradizionali".
Il dubbio era sorto alla luce di quanto stabilito dall'articolo 23 del DPR 633/72, che fra gli elementi obbligatoriamente da indicare nel registro delle fatture emesse annovera ancora i soli dati "tradizionali", non avendo esso subito un adeguamento in occasione della entrata in vigore della fattura semplificata.
Ovviamente, ancorché il documento emesso in forma semplificata possa esporre l'ammontare del corrispettivo complessivo e dell'imposta incorporata ovvero, in alternativa, dei dati necessari per calcolare l'imposta, in fase di sua registrazione imponibile ed imposta andranno necessariamente indicati in modo distinto per ciascuna fattura.

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