Controlli e liti

Finanziamento soci: rettifica ad ampio raggio

La sentenza 18370 della Cassazione: il Fisco può disconoscere anche i versamenti in anni non più accertabili

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’amministrazione può disconoscere il finanziamento soci anche nell’anno della sua restituzione a prescindere che la sua formazione sia avvenuta con versamenti in esercizi per i quali sia già decaduto il potere di accertamento. Così come affermato dalle Sezioni unite, infatti, la decadenza va verificata solo in riferimento alla dichiarazione da rettificare risultando irrilevante che alcune componenti possano derivare da anni decaduti e non contestati. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza 18370 depositata il 30 giugno.

L’Agenzia notificava ad una società un accertamento per maggiori redditi imponibili. Secondo l’Ufficio il conto finanziamento soci infruttifero dissimulava ricavi non contabilizzati e che quindi gli apporti economici del socio non provenivano dal suo patrimonio. L’Agenzia notificava un accertamento anche al socio, ritenendo che la restituzione di tale finanziamento effettuata nell’anno verificato, si trattasse di una distribuzione di utili.

I provvedimenti venivano impugnati dinanzi al giudice tributario eccependo tra i diversi motivi anche la decadenza del potere di accertamento nel presupposto che i finanziamenti contestati derivassero da apporti effettuati in anni precedenti ormai decaduti. Entrambi i giudici di merito rigettavano la doglianza ed i contribuenti ricorrevano in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto richiamato i recenti principi affermati dalle Sezioni unite (sentenza 8500/2021) secondo i quali la decadenza in riferimento a componenti reddituali pluriennali va verificata in relazione alla singola dichiarazione. In capo all’Amministrazione, infatti, non sussiste alcun obbligo di contestare l’elemento economico o patrimoniale pluriennale sin dal suo momento costitutivo. La Cassazione ha così rilevato che sebbene tale pronuncia riguardi gli oneri pluriennali, i principi sono applicabili anche ai finanziamenti soci.

La passività (fittizia secondo l’Ufficio) relativa al debito nei confronti del socio riguarda un elemento pluriennale formatosi negli esercizi precedenti. Il riporto di tale posta negli anni successivi a quelli in cui la provvista è stata creata, consente all’Agenzia di accertarla nell’esercizio in cui è avvenuta la restituzione al socio. La Cassazione ha anche precisato che, ai fini probatori, sarà poi il contribuente a dover dimostrare la corretta e regolare accensione del finanziamento infruttifero in un determinato periodo, della provenienza della provvista.

La decisione merita qualche riflessione poiché pare ulteriormente estendere i principi affermati dalle Sezioni unite già particolarmente favorevoli all’Amministrazione. Tale interpretazione sembra svilire quasi completamente l’istituto della decadenza che costituisce una “garanzia” in favore del contribuente. Peraltro, la Consulta, interpellata più volte sul punto, ha costantemente affermato (ordinanze 107/03, 352/04 e 280/05) che va dall’interprete ricercata soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco, in quanto (ordinanza 280/05) ciò non è consentito dall’articolo 24 della Costituzione. La Cassazione pare, invece, ritenere possibile che l’Amministrazione possa rettificare senza limiti temporali le dichiarazioni dei contribuenti, atteso che il «finanziamento soci» al pari di altri, costituisce un conto patrimoniale che potrebbe permanere nei bilanci per moltissimi anni. Poiché la decadenza rappresenta una delle poche garanzie (rimaste) in favore del contribuente, il quale dovrebbe avere massima certezza sulla sua applicazione, è auspicabile che qualche giudice, investito della vicenda, sollevi la possibile incostituzionalità di una simile interpretazione.

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