La residenza fiscale può restare in Italia per l’iscritto all’Aire
L’iscrizione all’Aire non esclude la residenza fiscale in Italia
La Ctr del Lazio con la sentenza 11/09/2019 n. 4989 (presidente Liotta, relatore Ciaramella) contenuta nel Massimario 2019, torna a ribadire il principio che l'iscrizione del cittadino italiano nell’anagrafe dei residenti all’estero (Aire) non esclude la residenza fiscale in Italia qualora il contribuente abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede dei propri affari ed interessi.
L’Ade contestava a una contribuente residente nel Principato di Monaco, di avere il proprio domicilio in Italia e, quindi, notificava atto di contestazione per omessa indicazione nel quadro Rw, delle dichiarazioni dei redditi dal 2011 al 2014, degli immobili posseduti.
La contribuente impugnava l'atto avanti la Ctp di Roma eccependo la decadenza dell'Ufficio del potere di accertamento per il 2011, nonché il mancato assolvimento della prova del domicilio in Italia. La Ctp accoglieva il ricorso.
L’Ade appellava la sentenza deducendo l’insussistenza della tardività della notifica stante il raddoppio dei termini previsto dall’articolo 12, comma 2-ter Dl 78/2009. Nel merito eccepiva di aver provato la presenza di elementi attestanti il domicilio fiscale della contribuente in Italia. Alcuni di tali elementi erano: la qualità di socio unico in una società con sede a Roma; l’indicazione della residenza a Roma in due atti di compravendita di immobili siti a New York; la residenza del figlio a Roma per gli anni di imposta in contestazione e l'intestazione di conti e depositi in valuta estera in una banca italiana.
La Ctr in via preliminare afferma che non si è verificata la decadenza del potere di accertamento operando, nel caso di specie, l’articolo 12, comma 2-ter, Dl 78/2009 che dispone il raddoppio dei termini.
Il Collegio osserva, poi, che l’iscrizione all’Aire non esclude la residenza fiscale in Italia, se il contribuente ha nello Stato la sede dei propri affari ed interessi. La Ctr rammenta che la Cassazione ritiene sussistente il domicilio in Italia, quando ricorrono taluni elementi presuntivi. Essi sono: l’acquisto di immobili, la gestione di affari in società, la disponibilità di un’abitazione nella quale trascorrere diversi periodi dell'anno, l’intestazione di conti correnti presso una banca avente sede in Italia (Cass. sent n. 29576/2011 e n.12259/2010). La Ctr conclude, quindi, che la contribuente è domiciliata in Italia avendo nello Stato la sede dei propri affari ed interessi. Accoglie, pertanto, l’appello dell’Ufficio.
L’articolo 2, comma 2, Tuir dispone che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile. Quindi, è possibile che una persona fisica residente in uno Stato estero, che ha affari ed interessi anche in Italia, possa essere considerata fiscalmente residente in entrambi gli Stati.
I conflitti di residenza sono affrontati anche dalle convenzioni per eliminare le doppie convenzioni le quali, come noto, prevalgono sulla disciplina nazionale, trattandosi di disposizioni di carattere speciale (Cass. sent. 24112/2017).
L’articolo 4 della del modello di convenzione Ocse prevede che se una persona fisica, in base alle rispettive leggi nazionali, è residente in entrambi gli Stati sulla base del criterio del domicilio e della residenza, si considera residente nello Stato in cui dispone di un'abitazione permanente. Una persona fisica ha un'abitazione permanente: a) con riferimento a una casa di proprietà o in locazione; b) se dispone di un'adeguata organizzazione che gli consenta una lunga permanenza.
Nel caso in cui la persona disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, si considera residente nello Stato in cui ha relazioni personali più strette. In difetto, si considera lo Stato dove soggiorna abitualmente. Se non è possibile risolvere il conflitto neanche sulla base di quest’ultimo criterio, si deve considerare la nazionalità del soggetto.
Se la persona fisica ha la nazionalità di entrambi gli Stati o di nessuno dei due, gli Stati devono risolvere il conflitto di residenza di comune accordo.