FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: amministratori, responsabilità, imposte pagate in eccesso ed interpello
Non è appropriazione indebita la condotta dell’amministratore che mette a bilancio senza delibera somme a titolo di compenso in assenza della volontà di conseguire un ingiusto profitto. Reato omissivo integrato per l’amministratore di diritto “testa di legno” che sia consapevole del danno arrecato alla società attraverso la propria condotta negligente. Sequestro preventivo per equivalente non limitato al solo socio accomandatario amministratore che ha firmato la dichiarazione fiscale. Possibile la richiesta di rimborso in caso di onere riconosciuto in base a sentenza a seguito del quale emerga un credito d’imposta per il quale non vi sia capienza nel reddito dichiarato. Rigetto dell’interpello disapplicativo opponibile innanzi al giudice tributario essendo espressione di un convincimento dell’amministrazione che il contribuente ha interesse a contrastare.
Non è appropriazione indebita se l’amministratore si compensa senza delibera
L’appostazione in bilancio da parte dell’amministratore di una somma a titolo di compenso, ancorché non ancora deliberato nel suo ammontare, non integra il reato di appropriazione indebita. Questo in quanto, se manca il dolo specifico, l’atto non può considerarsi volto al conseguimento di un ingiusto profitto o di un vantaggio in grado di determinare un danno patrimoniale alla società.
● Cassazione, sentenza 19147/2019
Reato omissivo per i danni causati dall’amministratore di diritto negligente
L’amministratore di diritto “testa di legno” risponde del reato omissivo anche quando risulti mero prestanome di altri soggetti che agiscono in sua vece quali amministratori di fatto. Questo in quanto la semplice accettazione della carica gli attribuisce doveri di vigilanza e controllo e la sua responsabilità è comunque integrata se costui ha consapevolezza che tale condotta negligente è in grado di fare emergere gli elementi tipici del reato.
● Cassazione, sentenza 19213/2019
Tutti i soci accomandatari amministratori rispondono dell’Unico infedele
La sottoscrizione da parte di un socio accomandatario amministratore della Sas della dichiarazione fiscale nella quale sono stati inseriti elementi passivi fittizi - o comunque dati che la possono renderla infedele - non esonera gli altri soci accomandatari amministratori dalle responsabilità fiscali e li rende passibili di subire il sequestro preventivo per equivalente. Questo in quanto il sequestro preventivo per equivalente non è collegato all’arricchimento personale di ciascun concorrente bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione del reato.
● Cassazione, sentenza 19228/2019
Rimborsabili le imposte pagate in eccedenza stabilite da sentenza definitiva
La norma sopravvenuta, che consente l’utilizzo in dichiarazione dei redditi di oneri fino a coprire la capienza del reddito dichiarato, non preclude la deduzione, anche relativamente agli anni d’imposta precedenti alla sua introduzione, di un onere riconosciuto successivamente in base ad una sentenza sopravvenuta che faccia emergere maggiori imposte pagate in eccedenza. Ancorché non vi sia capienza rispetto al reddito dichiarato, infatti, il contribuente può sempre fare ricorso alla procedura di rimborso attraverso la presentazione della domanda entro il termine decadenziale.
● Cassazione, ordinanza 12155/2019
È impugnabile l’interpello disapplicativo della società di comodo
Il contribuente può sempre ricorrere contro il provvedimento del direttore regionale delle Entrate che rigetta l’interpello disapplicativo previsto per la società di comodo. Anche se non rientra tra gli atti impugnabili previsti dal Codice di procedura tributaria e pur non avendo efficacia vincolante, il convincimento dell’amministrazione in ordine ad un determinato rapporto tributario fa nascere l’interesse del contribuente ad invocare il controllo giurisdizionale sulla sua legittimità.
● Cassazione, ordinanza 12150/2019
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