Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: credito Iva, quadro RW, imposta di registro e royalties

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di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Nelle massime di merito di questa settimana le sanzioni in caso di utilizzo del credito inesistente, il rimborso delle tasse della zona terremotata, il credito Iva chiesto a rimborso in ritardo, l’imposta di registro in caso di trust, l’accertamento della Sas esteso al socio, il brevetto e il quadro RW, le royalties in dogana e l’avviso bonario. Sono questi i temi trattati dalle

Credito inesistente, la sanzione del 100% ha effetto retrattivo

Anche se è soltanto dal 1 gennaio 2016 che le sanzioni per l’utilizzo di crediti inesistenti per il pagamento delle imposte sono passate dal 200% al 100% e si prescinde dall’ammontare indebitamente compensato prima precedentemente normato, tale riduzione si applica anche per le sanzioni già irrogate in epoca precedente al 1° gennaio grazie all’applicazione della normativa più favorevole al contribuente ( “principio del favor rei”) quando ancora vigeva il limite minimo dei 50mila euro delle compensazioni fittizie.
Circa l’ammontare della sanzione, la stessa va individuata nel comma 5 dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997 con una percentuale del 100% del credito utilizzato anziché nel comma 4 che preveda una sanzione del 30 per cento. Questo perché la fattispecie riguarda crediti accertati come inesistenti, ossia quelli in cui manca il “presupposto costitutivo” e la cui esistenza non è riscontrabile tramite controlli automatizzati (comma 5), e non come sostiene il ricorrente di crediti utilizzati in misura superiore a quelli effettivamente spettanti (comma 4).
Circa la successione delle norme nel tempo, va applicata quella più favorevole al contribuente, in base al principio del “favor rei”. Questo perché:

a) L’Amministrazione ha irrogato la sanzione del 200%, sulla base del comma 18, articolo 27 del Dl 185/2008 che dispone che l’utilizzo di crediti inesistenti superiori a 50mila euro determina la sanzione pari al 200 per cento dell’importo compensato;

b) La disciplina inerente l’utilizzo dei crediti inesistenti grazie al Dlgs 158/2015 ha modificato il comma 5 dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997, in vigore dal 1° gennaio 2016, in base al quale l’utilizzo del credito inesistente è sanzionato nella misura che varia dal 100% al 200%, a prescindere dall’importo illegittimamente compensato.

Ctp Bergamo, sentenza 287/1/2017


Terremoto in Sicilia, possibile a certe condizioni il rimborso delle tasse al 50%

Spetta il rimborso delle imposte interamente versate per gli anni dal 2002 al 2005 però poi “condonate” nella misura del 50% grazie alla norma prevista per i contribuenti residenti nella provincia ove è stato dichiarato e poi prorogato lo stato di emergenza (nel caso di specie, per gli eventi sismici e calamitosi avvenuti nel 2002 che hanno colpito il territorio della provincia di Catania ed il cui stato di emergenza è stato disposto con Ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri del 10 giugno 2005, n. 3442).
A livello normativo, tale rimborso spetta per i due profili che emergono dalla norma (comma 1011 dell’articolo 1 della legge 296/2006, Finanziaria 2007):

a) Profilo “condonistico”, per consentire a quanti non hanno versato nulla di mettersi in regola con l’Amministrazione mediante il pagamento del50% delle somme dovute (nel caso specifico, tributi dei periodi d’imposta dal 2002 al 2005);

b) Profilo “restitutorio”, per non penalizzare quanti hanno versato integralmente le somme poi successivamente risultate dovute per la metà soltanto a seguito dell’intervento normativo.

A livello procedurale, il contribuente che abbia chiesto il rimborso delle somme tramite apposita istanza nel marzo 2008 non è decaduto perché non si applica l’articolo 38 del Dpr 602/73, in base al quale il contribuente che abbia versato in più per errore materiale, duplicazione d’imposta, etc, può chiedere la maggiore somma a rimborso entro 48 mesi, ma si applica il secondo periodo del comma dell’articolo 21 del Dlgs 546/92, in base al quale l’istanza deve essere presentata entro il termine di due anni da quando si è verificato il presupposto per la restituzione (nel caso di specie, coincide con il 1 gennaio 2007, data di entrata in vigore della Finanziaria 2007).

A livello quantitativo, il rimborso è però soggetto alle seguenti limitazioni:

a) Vanno restituite solamente Irpef, le relative addizionali e l’Irap, e non l’Iva perché l’eventuale rimborso contrasterebbe coi principi UE, in particolare con l’articolo 108 del Trattato Ue, ravvisandosi l’erogazione di somme a titolo di aiuto di Stato incompatibile col mercato interno;

b) Vanno escluse dal rimborso le somme relative a titolo di Irap ed Irpef derivano da periodi antecedenti al 2002, anche se riportate in Unico 2003.

Ctp Catania, sentenza 4408/5/2017


L’attività chiusa nel 2012 perde il credito Iva chiesto a rimborso nel 2016

In caso di cessazione di attività (nel caso di specie, 12 dicembre 2012, con deposito del bilancio finale liquidazione dalla Camera di Commercio in data 4 gennaio 2013), il rimborso Iva (nel caso di specie, 29.676,00 euro, di cui 19.972,00 maturato nel 2012, e 9.704 maturati nel 2011, indicati nel bilancio depositato alla Camera di Commercio nella voce “Altri Crediti”) avarebbe dovuto essere presentata a rimborso, per la norma illo tempore vigente (dal 1 luglio 2009 al 1 gennaio 2015, articolo otto del Dpr 322/98) tra il 1 febbraio ed il 30 settembre in caso di cessazione dell’attività (nel caso di specie, tra il 1 febbraio ed il 30 settembre 2013), pena la perdita del credito (nel caso di specie, la dichiarazione Iva-Modello Unico 2013, è stata presentata in data 13 maggio 2016).
L’omessa (rectius: tardiva) presentazione della dichiarazione (nel caso di specie, la dichiarazione Iva-Modello Unico 2013) ha fatto maturare i termini decadenziali previsti dal codice processuale tributario, secondo cui viene meno il presupposto della restituzione decorsi due anni (nel caso di specie, il termine sarebbe spirato il 30 settembre 2015, con la dichiarazione presentata il 13 maggio 2016).
La presentazione del ricorso introduttivo contro il provvedimento espresso di rigetto del rimborso Iva (nel caso di specie, provvedimento dell’8 agosto 2016), anche se avvenuto tempestivamente entro i 60 giorni (nel caso di specie, tenuto conto del termine di sospensione feriale sino al 14 novembre 2016, ed il ricorso introduttivo è stato depositato in Segreteria il 16 novembre 2016), va dichiarato inammissibile perché tardivo dovendosi considerare quale termine finale quello in cui è spirato il termine per l’esercizio dell’istanza di rimborso (nel caso di specie, 30 settembre 2015, con possibilità poi di impugnare nei termini il successivo silenzio-rifiuto ovvero silenzio rigetto).

Ctp Como, sentenza 166/3/2017


Imposta di registro fissa al trust che gestisce tutte le quote della Srl

L’affidamento della gestione totalitaria delle quote (valore di 47mila e 500 euro) di una Srl ad una società “fiduciaria” da parte del titolare (identificato anche come “disponente”) per il tramite di un contratto di trust non determina il trasferimento delle stesse.

Questo perché il trust:

a) È un contratto tramite cui il disponente (denominato anche settlor) affida ad un terzo soggetto fiduciario (denominato trustee) la gestione di un bene che poi sarà destinato al beneficiario finale, sempre indicato dal disponente: il bene conferito affidato al trustee non entra a far parte del patrimonio di quest’ultimo;

b) Non è assimilabile né ad una donazione, e nemmeno ad un contratto con «vincolo di destinazione», disciplinato dal comma 47 dell’articolo 2 del Dl 262/2006, il quale è assoggettato alla medesima disciplina e tassazione dell’imposta sulla donazione (Dlgs 346/1990), operazioni caratterizzate da due elementi:

1) Spirito di liberalità;

2) Arricchimento nei confronti del beneficiario.

In conclusione, il trust va assoggettato non ad imposta di registro in misura proporzionale (da calcolarsi sul valore delle quote affidate), bensì in misura fissa.

Ctp Milano, sentenza 3946/3/2017


L’accertamento al socio della Sas deve includere il Pvc elevato alla società

Illegittimo l’accertamento fiscale notificato al socio accomandante di una Sas se la motivazione dell’Amministrazione richiama il Pvc elevato nei confronti della società senza però allegarlo all’atto impositivo e senza la trascrizione anche in misura minima del contenuto dell’atto istruttorio.
Ciò perché:

a) la mancata allegazione del Pvc non permette al contribuente di poter esercitare il proprio diritto di difesa dal momento che tale atto non gli è mai stato notificato;

b) la conoscenza del Pvc al solo accomandatario obbliga l’Amministrazione a portarlo a conoscenza anche al contribuente /accomandante;

c) l’accertamento non riporta i contenuti essenziali del Pvc, posto a base della rettifica fiscale operata nei confronti della società ed il cui maggior reddito è poi imputato per trasparenza in capo ai soci.

Ctp Treviso, sentenza 279/1/2017


Non si indica in Rw il brevetto italiano «esteso» all’estero

Il brevetto registrato in Italia e poi «esteso» all’estero non è qualificabile come investimento durevole estero da dichiarare nel quadro RW. Questo perché il brevetto è stato registrato in Italia, e come tale rappresenta pur sempre un investimento nazionale. Tale assunto è desumibile dal fatto che l’estensione oltre i confini nazionali del brevetto è stata fatta solamente per ampliare la protezione brevettuale, giacché la legge tutela esclusivamente il brevetto all’interno dei confini nazionali. Va pertanto annullato l’accertamento emesso dall’erario tramite cui contesta al contribuente, l’omessa dichiarazione di attività estere rappresentate dal brevetto se questo è solamente esteso all’estero, che quindi non è qualificabile come attività finanziaria estera.

Ctr Lombardia, sentenza 1779/17/2017


Le royalties sui beni non sono soggette al dazio doganale

L’importatore di beni acquistati dal produttore extracomunitario non deve pagare il maggiore dazio preteso dall’ufficio doganale sulle royaties che questi ha pagato al venditore extracomunitario se tali diritti non costituiscono condizione imprescindibile per il perfezionamento della compravendita. Questo perché:
■ il Codice Doganale Comunitario (CDC) all’articolo 32 dispone che il valore della merce in dogana è determinato dal corrispettivo di vendita cui vanno aggiunti i diritti di licenza ove previsti, ma il successivo paragrafo 5 del medesimo articolo chiaramente dispone che il diritto pagato al venditore a titolo di royalties (diritti di licenza) non va assoggettato a dazio doganale, e quindi non incrementano il valore della merce su cui calcolare il dazio, se il pagamento dei diritti di licenza non è una conditio necessaria per il perfezionamento della compravendita;
■ le royalties pagate sono operazioni imponibili Iva, ed assoggettare le stesse anche a dazio comporterebbe una doppia imposizione su una medesima fattispecie (royalties assoggettate sia all’Iva che al dazio);
■ dai contratti depositati in giudizio tra licenziate (venditore-esportatore) e licenziatario (importatore-acquirente) non risulta in alcuna parte che la vendita della merce sia sottoposta a condizione di pagamento dei diritti di licenza;
■ non rileva nemmeno la circostanza che in sede di verifica fisica della merce importata riporti la dicitura “marchio soggetto a licenza”.

Ctr Lombardia, sentenza 2390/9/2017


Sì al ricorso contro l’atto del Concessionario anche per i vizi dell’ente creditore

Ammissibile la proposizione del ricorso introduttivo contro l’atto del Concessionario della riscossione, anche se sono stati sollevati vizi che attengono alla esclusiva sfera di competenza dell’ente creditore. In tal caso, infatti, il Concessionario, destinatario del ricorso, ha l’onere nonché l’interesse a chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito, altrimenti risponde delle conseguenze della lite. Trattandosi, infine, di «litisconsorzio facoltativo», tale onere grava solamente sul Concessionario, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio.

Ctr Lazio, sezione staccata Latina, sentenza 3255/19/2017


Avviso bonario se il risultato della “liquidazione” è diverso dal dichiarato

Illegittimo il ruolo formato a seguito di controllo “automatizzato” se quanto dichiarato dal contribuente in dichiarazione differisce da quanto “liquidato” dall’Amministrazione. Questo perché dal combinato disposto dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 e del comma 5, articolo 6 della Legge 212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), l’invio della comunicazione di irregolarità è necessario quando vi sono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione fiscale presentata dal contribuente.
A livello esemplificativo, ciò accade quando:

a) il contribuente ha effettuato un pagamento in ritardo non considerato dall’Amministrazione;

b) dalla dichiarazione emerge un credito utilizzato in compensazione, ma “sfuggito” all’Amministrazione;

c) l’amministrazione non dimostra la fondatezza della pretesa impositiva se il contribuente contesta l’insussistenza delle somme liquidate.

Ctr Sicilia, sezione staccata di Siracusa, sentenza 1569/4/2017

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