Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: trust, cartella via Pec, contraddittorio e Iva

di Enrico Holzmiller, Cecilia Cantaluppi e Domenico Crosti

Trust: le ipo-catastali sono dovute. Corretto l’uso della Pec per la notifica della cartella esattoriale. Richiesta di rimborso per indebito versamento Iva solo entro due anni. Il contraddittorio preventivo non è applicabile in via generale. Sono questi i temi della rassegna delle principali pronunce della Ctr Lombardia e Ctp Milano.

Trust: le ipo-catastali sono dovute

Il caso trattato dai giudici milanesi è riferito a due contribuenti che hanno proposto ricorso perché l’amministrazione finanziaria aveva rideterminato le imposte ipotecarie e catastali relative alla dotazione di beni confluiti in un Trust.
I giudici milanesi ricordano che la Corte di Cassazione (Cassazione civile, sentenza 3735 del 2015) ha reso il seguente principio di diritto: «l’atto con il quale il disponente vincoli beni a sé appartenenti al perseguimento della finalità di rafforzamento della generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, in quanto fonte di costituzione di vincoli di destinazione, è assoggettato all’imposta gravante su tali vincoli a norma del Dl262 del 2006, articolo 2, comma 47 convertito dalla legge 286 del 2006». Il tenore della norma evidenzia che l’imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale: l’imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli, e pertanto applicabile al caso di specie.

Sentenza CTP Milano n.360/2018


Corretto l’uso della Pec per la notifica della cartella esattoriale

Una cartella esattoriale, emessa in forma di documento elettronico, si considera notificata correttamente qualora si utilizzi come mezzo di trasmissione la posta elettronica certificata - “Pec”; infatti, tale modalità di notifica è prevista dal comma 1-bis, articolo 26 del Dpr 602/1973 e dall’articolo 48 del Codice dell’amministrazione digitale – Dlgs 82/2005, il quale equipara la trasmissione dei documenti attraverso la PEC alla notificazione per mezzo di posta tradizionale raccomandata.
Ai fini della corretta notifica dell’atto in questione, i giudici rilevano che la prova dell’avvenuta ricezione del messaggio Pec viene fornita dalla ricevuta di avvenuta consegna.
Tale ricevuta attesta il buon esito della trasmissione e quindi deve considerarsi portata a conoscenza del destinatario la cartella esattoriale; non è pertanto possibile in tal caso invocare qualsivoglia ipotesi di vizio della notificazione (articoli 160 e 156, Codice di procedura civile.).
Inoltre, non è richiesta dalla legge la sottoscrizione della cartella ai fini della validità della stessa qualora il contribuente sia in grado di individuare con certezza l’autorità di provenienza.
L’articolo 25 del Dpr 602/1973 prevede unicamente la stampigliatura della denominazione della società cui è dato l’incarico di riscuotere al fine di consentire la contribuente l’individuazione della provenienza dell’atto. Anche la Cassazione si pronuncia in tal senso, stabilendo che la mancata sottoscrizione della cartella, da considerarsi eventualmente vizio formale e non sostanziale, non determina l’annullabilità dell’atto predisposto.

Sentenza CTP Milano n. 353/2018


Richiesta di rimborso per indebito versamento Iva solo entro due anni

Nella fattispecie in commento, i giudici della Ctp di Milano hanno deciso in merito alla decadenza del termine di richiesta di rimborso. Nel caso di specie, è stato rigettato il ricorso del contribuente al diniego di rimborso Iva (richiesto a fronte di un eccessivo veramente) emesso dall’Agenzia delle entrate, in quanto per l’indebito oggettivo (ovvero l’Iva erroneamente versata dalla parte) non sussiste prescrizione decennale, bensì biennale, ai sensi dell’articolo 21, comma 2 del Dlgs 546/92. Tale termine ridotto decorre dal momento in cui è stato effettuato il versamento. Questa conclusione risulta in linea con varie sentenze di Cassazione (3593/2016, 12447/2011 e 13980/2016).

Sentenza CTP Milano 435/2018


Il contraddittorio preventivo non è applicabile in via generale

La Commissione ritiene, conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, che nel nostro ordinamento non sussiste un principio generalizzato del contraddittorio. Al riguardo non rileva il richiamo all’articolo 12, comma 7, legge 212/2000, atteso che l’ambito di applicazione di tale norma riguarda solo accertamento conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente, non potendo trovare applicazione al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste (Cassazione, sezioni unite, 24823/2015). Ciò comporta, quindi secondo l’unanime giurisprudenza di legittimità, che l’ufficio, al di fuori di tali ipotesi, «può emettere l’avviso di accertamento anche in assenza di un processo verbale che attesti la chiusura dell’attività istruttoria, in difetto di norme che impongano un obbligo di verbalizzazione e laddove sia prevista una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento». La Commissione ritiene, inoltre, fondamentale la basilare distinzione che la pronuncia delle Sezioni Unite, sopra richiamata, ha posto riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, chiarendo che: «in tema di tributi cosiddetti non armonizzati, l’obbligo dell’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificatamente sancito; mentre in tema di tributi cosiddetti armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».

Sentenza CTR Milano n.610/2018

Hanno collaborato Natalia Falco e Gaetano Sirimarco

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