Fondo patrimoniale e trust «aggredibili» dalla revocatoria
L’atto costitutivo di un fondo patrimoniale è contraddistinto da una causa gratuita dal momento che, a fronte dell’assoggettamento di taluni beni al vincolo del fondo patrimoniale, non si ottiene alcuna «contropartita»; né è rilevante «la finalità di adempimento dei doveri verso la famiglia ed i figli, ai sensi degli articoli 143 e 147» del Codice civile, poiché lo strumento è «liberamente scelto dai disponenti». Analogamente, l’istituzione di un «trust per esigenze familiari», anche se effettuata da entrambi i coniugi, «non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione a favore dei disponenti».
Ne consegue che, ove ricorrano le condizioni per l’esperimento dell'azione revocatoria (di cui all'articolo 2901 del Codice civile), l’istituzione del fondo patrimoniale e del trust possono essere dichiarate inefficaci: lo ha deciso la Cassazione nella sentenza n. 19376 del 3 agosto 2017.
Il caso concreto concerneva l’assoggettamento di taluni immobili, da parte di due coniugi, dapprima al vincolo del fondo patrimoniale e poi anche al vincolo del trust: operazione che è stata giudicata fraudolenta verso i creditori dei coniugi in questione siccome già in epoca anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale e del trust essi erano risultati essere inadempienti nei confronti di un istituto di credito, il quale aveva dunque promosso l’azione revocatoria, ottenendo la dichiarazione di inefficacia del fondo patrimoniale e del trust, in quanto era stata accertata la sussistenza di tutti i presupposti per la revocatoria, vale a dire:
•la «natura gratuita di entrambi gli atti»;
•l’«esistenza del credito in favore della banca», «già in epoca anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale e del trust»;
•la «consapevolezza da parte del debitore dell’esistenza del debito e del pregiudizio arrecato alle ragioni dell’istituto creditore».
La sentenza è interessante poiché affronta dunque il caso della costituzione, in via successiva l’uno all’altro, di una pluralità di “vincoli di destinazione” (tali sono sia il fondo patrimoniale, sia il trust) sui medesimi beni immobili: vincolo di destinazione significa che i beni vincolati vengono destinati alla finalità espressa nell’atto istitutivo del vincolo, il quale, da un lato, ne impedisce la disponibilità se non per il raggiungimento degli scopi per i quali il vincolo è stato impresso e, dall’altro, li sottrae all’espropriazione per ragioni di credito diverse da quelle originate dall’attuazione della finalità per la quale il vincolo è stato istituito.
Con la differenza che, mentre il fondo patrimoniale ha una funzione “tipica”, in quanto si tratta di una convenzione matrimoniale che viene stipulata per «far fronte ai bisogni» di una «famiglia» (formata a seguito di matrimonio o di unione civile), nel caso del trust le finalità per le quali esso può venire istituito sono le più varie, potendosi con il trust perseguire, ad esempio, scopi liberali, scopi di assistenza, scopi di gestione di un patrimonio e scopi di business.
Nel caso che la Cassazione ha esaminato per giungere alla sentenza n. 19376, era emerso che «la finalità dell’istituzione del trust coincideva in parte con quella già realizzata con la costituzione del fondo patrimoniale», e cioè quella «di tenere i beni conferiti indenni» dalle vicende personali dei coniugi e di «rendere meno agevole la loro apprensione da parte dei creditori»; pertanto, una volta appurato che si era trattato di un «trust familiare», siccome «istituito per fare fronte alle esigenze di vita e di studio delle figlie» dei disponenti, era risultata l’assenza di «finalità solutorie o di altra natura corrispettiva» e quindi la natura gratuita di questo atto, vale a dire il presupposto appunto della sua revocabilità.