Imposte

Fondo perduto agli agricoli, la doppia attività si somma

Il calo va moltiplicato con una percentuale in base al volume d’affari. Per l’aiuto perequativo si attendono i chiarimenti delle Entrate

di Francesco Giuseppe Carucci

Destinatarie delle diverse tipologie di contributo a fondo perduto introdotte dall’articolo 1 del Dl 73/2021 (decreto Sostegni-bis), se rispettano tutte le condizioni imposte, sono anche le aziende agricole.

Per il contributo automatico pari a quanto già percepito in virtù del primo decreto «Sostegni» non vi sono particolari attenzioni. Qualche accorgimento, invece, è necessario per gli agricoltori richiedenti l’integrazione del primo contributo e per coloro che, non avendo potuto fruire del precedente indennizzo, intendono richiedere il nuovo confrontando «fatturato e corrispettivi» dei periodi 1° aprile 2019-31 marzo 2020 e 1° aprile 2020-31 marzo 2021.

I titolari di reddito agrario di cui all’articolo 32 del Tuir, dal momento che «ricavi e compensi» non assumono alcuna rilevanza, al fine di determinare la percentuale applicabile al calo medio mensile ottenuto, dovranno prendere a riferimento il volume d’affari indicato nel rigo VE50 della dichiarazione Iva relativa al 2019. Nelle istruzioni all’istanza per il riconoscimento del contributo previsto dal Dl 41/2021, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che nello stesso modo deve determinare la percentuale chi compila il quadro RD del modello redditi, pur producendo reddito d’impresa.

L’Agenzia ha inoltre chiarito che, per determinare la percentuale spettante in caso di contemporaneo esercizio di attività agricola in regime di reddito agrario ed attività commerciale o di lavoro autonomo, occorre considerare la somma dei volumi d’affari di tutti gli intercalari della dichiarazione Iva relativa al 2019. Questa indicazione, tuttavia, contrasta con la regola generale secondo cui per le attività non agricole si deve tener conto di ricavi e compensi desumibili dai vari quadri dei modelli redditi. Si ipotizzi il caso dell’imprenditore agricolo individuale titolare di reddito agrario che, nel contempo, esercita un’altra attività in regime forfettario. Con la circolare 10/E del 4 aprile 2016 (paragrafo 2.3) è stata chiarita la possibile convivenza dei due particolari regimi, ma nella citata ipotesi, naturalmente, l’attività non agricola non genera alcun quadro del modello Iva.

Le società agricole diverse dalle società semplici, quand’anche abbiano optato per la determinazione del reddito mediante il criterio catastale, producono redditi d’impresa dichiarati nei quadri RF o RG degli appositi modelli. I ricavi da prendere a riferimento andranno desunti dal rigo RS116 per le società di persone in ordinaria, ovvero dall’RG2 colonna 5 se in semplificata. Le società di capitali dovranno far riferimento al rigo RS107 colonna 2.

Nessuna eccezione, invece, per la determinazione di «fatturato e corrispettivi» che segue le regole generali.

Incuriosisce, invece, il criterio da adottare per il nuovo contributo perequativo destinato ai titolari di reddito agrario e a coloro che compilano il quadro RD visto che, in dichiarazione, non indicano alcun elemento proveniente dal conto economico. In tal caso non si ritiene possibile rifarsi alla dichiarazione Iva in cui non compaiano tutti gli elementi del conto economico.
L’atteso decreto del Mef e il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate dovranno risolvere il rebus.

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