Forfettari, la borsa di studio non pregiudica il regime
Può fare ingresso nel regime forfettario il contribuente che, durante il periodo del dottorato di ricerca, ha percepito una borsa di studio da un ente, successivamente divenuto il principale cliente a seguito dell’apertura della partita Iva. Mentre vi è preclusione per il soggetto che esercita esclusivamente l’attività di revisore legale e per il dipendente che cessa il rapporto di lavoro subordinato e riprende la propria originaria attività di dottore commercialista, divenendo sindaco del precedente datore di lavoro.
Continuano le risposte dell’agenzia delle Entrate agli interpelli sulle cause ostative per il regime forfettario e non mancano alcune perplessità.
Un primo quesito (184) è in linea con la circolare 9/E/19. Se è vero che, in base alla lettera d-bis) del comma 57 della legge 190/14, non può aderire al regime il contribuente che esercita prevalentemente la sua attività nei confronti del datore di lavoro o con chi lo è stato nei due precedenti periodi di imposta (ovvero a soggetti riconducibili), è anche vero che la circolare ha dettagliatamente indicato i rapporti che creano problemi potenzialmente ostativi, escludendo quelli indicati dalle lettere c), d), f),g), h), h-bis), i) ed l), del comma 1 dell’articolo 50 del Tuir. Poiché le borse di studio sono disciplinate dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 50, via libera al forfait per il dottore di ricerca che inizia a svolgere l’attività di lavoro autonomo avendo come cliente principale l’ente da cui percepiva la borsa di studio.
Più complesso è l’esame delle altre due risposte. Una istanza di interpello (186) è stata proposta da un soggetto che, nel 2018, ha percepito compensi da revisore legale, considerati come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
I compensi percepiti nel 2019 verranno fatturati come professionista, avendo nel frattempo il contribuente aperto partita Iva. Un’altra istanza (183) viene proposta da un dottore commercialista che ha cessato l’attività professionale per essere assunto come dipendente. Nel 2019 vi è l’intenzione di cessare tale rapporto e riprendere a svolgere la libera professione, nell’ambito della quale assumere la carica di sindaco della stessa società, incarico che, almeno all’inizio, costituirebbe la parte prevalente dei compensi percepiti. In entrambe le risposte l’Agenzia nega l’accesso al regime forfettario, motivando la risposta con la natura del reddito che i contribuenti verrebbero a determinare.
I compensi percepiti vengono, infatti, in tutti due i casi, qualificati alla stregua di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera c-bis, Tuir), oggettivamente estranei al regime agevolato. Se la risposta può essere forse condivisibile per il contribuente che svolge l’attività di revisore senza essere iscritto a alcun Ordine professionale (o, almeno, non ne viene fatto cenno nell’istanza), altrettanto non può dirsi per il contribuente che svolge l’incarico in veste di dottore commercialista. In questo caso, infatti, l’attività di sindaco o di revisore contabile va ricondotta nell’ambito del reddito professionale anziché tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, secondo un principio di attrazione che la stessa Agenzia ha affermato (circolari 207/E/00, 67/E/01 e 105/E/01).