Forniture di energia e gas, recupero crediti a ostacoli
L'’agenzia delle Entrate è intervenuta sulla questione del recupero Iva sui crediti non pagati in risposta a una richiesta di consulenza giuridica presentata dall’Associazione nazionale industriali gas (Anigas). L’Associazione ha rappresentato che, a causa della congiuntura, la difficoltà nel recupero dei crediti da parte delle imprese sta generando gravi effetti economici.Il fenomeno assume ancora più rilevanza per le imprese che forniscono gas naturale ed elettricità a un’utenza diffusa le quali, a causa dell’attuale formulazione e interpretazione delle norme, restano di fatto incise anche degli oneri tributari (Iva e accise) che dovrebbero, invece, gravare sui consumatori. La possibilità di recuperare l’imposta versata all’Erario, ma non corrisposta dai clienti, solo a seguito di procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose (articolo 26 del Dpr 633/1972), anche per crediti di modesto importo, è vanificata, nella generalità dei casi, dall’evidente antieconomicità di avviare le azioni di recupero del credito e solleva, peraltro, seri dubbi sulla compatibilità della disciplina rispetto a quella Ue come dimostra il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea disposto dalla Ctr della Lombardia (si veda il Sole 24 Ore del 25 marzo 2015). In tale contesto, l’Associazione ha chiesto conferma all’Agenzia su una possibile evoluzione interpretativa in merito ai requisiti necessari per l’emissione delle note di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 a seguito del mancato pagamento in tutto o in parte dei corrispettivi fatturati. Per i crediti di modesto importo, l’Associazione ritiene che le procedure esecutive possano essere ritenute infruttuose in tutti i casi in cui i costi risultino uguali o maggiori all’importo del credito da recuperare. Interpretazione maggiormente in linea con i principi di neutralità dell’Iva, nonché di effettività e proporzionalità ribaditi dalla Corte di Giustizia europea secondo la quale le condizioni stabilite dagli Stati membri per la riduzione della base imponibile, non possono essere tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile il recupero dell’Iva. Diversamente, negare la possibilità di ridurre la base imponibile, o renderla impraticabile comporterebbe un’insanabile alterazione del principio di neutralità, atteso che il fornitore rimarrebbe inciso dell’imposta versata all’Erario e non incassata dall’acquirente.L’Associazione ha chiesto conferma del fatto che, per i crediti commerciali di modesto importo, per i quali l’antieconomicità delle operazioni di recupero è dimostrabile sulla base delle indicazioni fornite dalla stessa Agenzia ( circolare n. 26/E del 2013) per la deducibilità delle perdite su crediti ai fini delle imposte dirette, ciò sia anche sufficiente a dimostrare l’irrecuperabilità del credito con la conseguente possibilità di detrarre l’imposta versata sull’ammontare del corrispettivo non incassato.Purtroppo l’Agenzia non ha ritenuto di poter aderire a tale richiesta confermando una rigida lettura della norma la quale, non facendo alcun riferimento all’antieconomicità della procedura esecutiva, ne presuppone necessariamente il suo avvio e la sua infruttuosità ai fini del recupero dell’imposta. Non rimane che augurarsi che il rinvio della questione agli euro-giudici possa essere di stimolo per il legislatore al fine di trovare una soluzione normativa al problema (adeguando le norme Iva a quanto già fatto per le imposte dirette) e superare così le oggettive difficoltà riscontrate dall’Agenzia nel dare una lettura diversa .L’Agenzia ha correttamente richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 15 maggio 2014, causa C-337/2013, ed in particolare il principio secondo il quale se è possibile che gli Stati membri escludano o pongano limiti al recupero dell’Iva in caso di mancato pagamento del prezzo, la disciplina interna deve comunque contemplare tutte le altre situazioni, quali risoluzioni, annullamenti, ecc., in cui, dopo la conclusione di un’operazione, il corrispettivo non sia percepito, in tutto o in parte, dal soggetto passivo al fine di consentire la riduzione della base imponibile e dell’imposta senza alcuna limitazione ed indipendentemente dal fatto che siano o meno stati erogati i servizi.Alla luce di tale principio è stata confermata per le società che forniscono utilities con contratti ad esecuzione continuata o periodica, la possibilità di variare in diminuzione l’Iva laddove, a seguito del mancato pagamento, cessino gli effetti del contratto a causa della sua risoluzione giudiziale o di diritto.
Patto fiscale, test di convenienza: i calcoli per il biennio 2025-2026
class="conParagrafo_R21" id="RcChvIB1rKpyqyXTqXRsjoI" idr="U70857542766hdE">di Giorgio Gavelli