Finanza

Fusione per incorporazione, la rivalutazione può dribblare la ricostituzione della riserva

Atteso l’ok delle Entrate ma l’operazione dovrebbe risultare legittima considerata la libertà di scelta del contribuente tra diversi regimi opzionali con un differente carico fiscale

ADOBESTOCK

di Alessandro Saini

La nuova edizione della rivalutazione fiscale dei beni d’impresa e delle partecipazioni prevista dal Dl 104/2020 (decreto Agosto) offre interessanti opportunità in caso di operazioni di fusione dalle quali emergono disavanzi riferibili a specifici beni materiali e immateriali e non genericamente all’avviamento. Sarebbe tuttavia opportuna una conferma da parte dell’agenzia delle Entrate circa la natura di riserva in sospensione tassabile solamente in caso di distribuzione del saldo attivo di rivalutazione. Procediamo con ordine.

Il quadro normativo

L’articolo 110 del decreto consente ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali di rivalutare, con effetto anche solamente contabile, i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate ex art. 2359 Codice civile costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione è eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (pertanto l’esercizio 2020) e, differentemente dalle precedenti edizioni, può essere effettuata anche distintamente per ciascun bene.

Il perimetro della rivalutazione

Stante il rimando alla sezione II del capo I della Legge 342/2000 (circolare 207/E del 2000), i beni immateriali rivalutabili sono solamente quelli rappresentati da diritti giuridicamente tutelati, quali diritti di brevetto industriale, di utilizzazione delle opere dell’ingegno, di concessione, licenze, marchi, know-how e diritti simili. In modo analogo alle precedenti edizioni, l’avviamento è quindi escluso dal perimetro della rivalutazione.Il maggiore valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto a fini fiscali mediante il versamento - fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo - di un’imposta sostitutiva nella misura del 3%, sia per i beni ammortizzabili che per quelli non ammortizzabili.

L’effetto fiscale della rivalutazione viene riconosciuto a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita (e, quindi, dall’esercizio 2021), mentre ai fini della determinazione delle plus/minusvalenze fiscali occorre attendere il quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita (e, quindi, l’esercizio 2024).In caso di rivalutazione fiscale, il saldo attivo di rivalutazione è in sospensione di imposta e può essere affrancato, in tutto o in parte, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva nella misura del 10%.

La forchetta del riconoscimento fiscale

L’onere complessivo per il pieno riconoscimento fiscale della rivalutazione si pone pertanto in una forchetta tra il 12,7% (se si considera affrancabile la riserva di rivalutazione netta, secondo l’interpretazione della Suprema Corte nella Sentenza n. 11326/2020, depositata lo scorso 12 giugno) e il 13% (se si considera affrancabile la riserva lorda, come invece indicato dalle Entrate nelle circolari n. 18/E/2006 e n. 14/E/2017) dei maggiori valori, che non si discosta in misura significativa dall’onere previsto per attribuire valenza fiscale alle operazioni straordinarie. Per tali operazioni, inoltre, l’affrancamento interessa anche il maggior valore relativo all’avviamento la qual cosa, come indicato, non è possibile in sede di rivalutazione. Il disavanzo può infatti essere affrancato mediante il versamento dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2-ter del Tuir con aliquota del 12% sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro, del 14% sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16% sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro. L’opzione per la maggiore imposta sostitutiva del 16%, ai sensi dell’art. 15 del Dl 185/2008, consente inoltre di dedurre il maggior valore iscritto sui marchi d’impresa (ed anche sull’avviamento, il quale, per contro, non sarebbe rivalutabile) su 5 esercizi invece che su 18, come ordinariamente previsto dall’articolo 103 del Tuir, a prescindere dall’ammontare dei maggiori valori affrancati.

Come è possibile verificare, in presenza di operazioni straordinarie la nuova rivalutazione risulta conveniente solamente per differenze significative (eccedenti 5 milioni di euro), per le quali l’onere della sostitutiva per affrancare i maggiori valori (14%-16%) risulta superiore alla sostitutiva necessaria per attribuire piena validità fiscale alla rivalutazione (12,7%-13%).

Avviamento off-limits

L’esclusione dell’avviamento dall’ambito applicativo della rivalutazione ne restringe inoltre la portata in modo rilevante.La rivalutazione introdotta dal decreto Agosto potrebbe tuttavia risultare di interesse in caso di fusioni societarie per le quali non vi sia l’obbligo di ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta in capo all’incorporante, obbligo che non sussiste per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione, in assenza di un avanzo (cfr. articolo 172, comma 5 del Tuir). Si pensi al caso della fusione per incorporazione, qualora i plusvalori latenti si riferiscano a specifici beni materiali e immateriali della incorporata (escludendo, quindi, l’avviamento) la quale, prima della fusione, abbia optato per la rivalutazione di tali beni mediante la sostitutiva del 3% per importo pari ai medesimi plusvalori. In questo caso, infatti, gli effetti fiscali della rivalutazione si trasferirebbero all’incorporante, senza alcun obbligo di ricostituire la riserva di rivalutazione.

Tale operazione dovrebbe risultare legittima considerata la libertà di scelta del contribuente tra diversi regimi opzionali con un differente carico fiscale (cfr. art. 10-bis, comma 4 della Legge n. 212/2000). Sarebbe tuttavia opportuna una conferma da parte dell’Agenzia, la quale dovrebbe anche confermare la natura di riserva in sospensione tassabile solamente in caso di distribuzione del saldo attivo di rivalutazione.

Nonostante il chiaro tenore letterale dell’art. 13, comma 3 della Legge 342/2000 - «se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti» - in passato l’Agenzia ha infatti sostenuto il contrario (risposta n. 316 del 2019, nella quale è stato indicato che l’imputazione di un disavanzo di fusione a riduzione del saldo da rivalutazione ne determina il concorso alla formazione del reddito).


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