Controlli e liti

Gdf: per i controlli serve l’accesso all’anagrafe dei conti

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di Marco Mobili

Consentire alla Guardia di Finanza l’accesso alle informazioni sui conti finanziari detenuti all’estero dalla popolazione residente, nonché ai dati dei conti correnti intrattenuti presso gli intermediari finanziari nazionali. Aprire una finestra sui conti esteri è l’auspicio del comandante generale delle Fiamme gialle, Giorgio Toschi, formulato ieri nel corso dell’audizione in commissione Finanze della Camera. «Si tratta di dati e notizie - ha detto Toschi - che potrebbero formare oggetto di investigazioni, anche con i poteri di polizia giudiziaria, e rivelare l’esistenza di frodi fiscali se non addirittura di altre gravi forme di illegalità quali, ad esempio, la costituzione di provviste all’estero da impiegare per dazioni corruttive». Si tratta di un prezioso patrimonio conoscitivo che proviene dallo scambio automatico obbligatorio di informazioni fiscali, comprese le “rendicontazioni Paese per Paese” previste per i gruppi multinazionali.

La lotta all’evasione internazionale e alle frodi Iva è tra le priorità del Corpo che allo stesso tempo, pur non avendo ricevuto ancora indicazioni precise dal Governo su come dovrà essere applicata la nuova stretta introdotta nel decreto d’estate sulle imprese che abbandonano l’Italia, guarda da sempre con particolare attenzione il fenomeno delle delocalizzazioni. «Continueremo ad agire con molta severità sulle delocalizzazioni, sotto due aspetti: se le società che si delocalizzano hanno ottenuto aiuti europei e se spostano l’impresa creando delle grosse difficoltà», ha riferito Toschi, riferendosi al recente caso della multinazionale brasiliana che ha lasciato il Piemonte. «Su Embraco, ha ricordato Toschi a titolo di esempio, siamo stati attivati dal ministro Calenda per verificare se l’impresa avesse ottenuto dei finanziamenti. Prima abbiamo constatato che aveva effettivamente beneficiato di aiuti pubblici e poi abbiamo rapportato il tutto alle autorità competenti, anche sul piano penale».

Sul nuovo Dl del Governo e in particolare sul capitolo che introduce il divieto assoluto di pubblicità del gioco è intervenuto anche il direttore delle Dogane e dei Monopoli, Giovanni Kessler, anche lui audito dalla commissione Finanze della Camera. «Oggi il settore dei giochi - ha detto Kessler - necessita di un intervento governativo e legislativo, perchè ci sono sovrapposizioni o punti grigi-neri che non sono stati ancora risolti. Va riformato, noi siamo pronti, abbiamo delle proposte». Non solo. Il direttore, che ha voluto precisare come le nozze tra Dogane e Monopoli siano un «matrimonio combinato, ma non consumato», ha sottolineato come «gli effetti dei regolamenti locali, intervenuti sulle sale gioco, non possono essere ancora statisticamente rilevati». Occorre «una scelta politica sul gioco, che devono fare Governo e Parlamento». Si tratta di una situazione complessa, ammette il direttore delle Dogane, secondo cui «le regole su dove e quanto si può giocare le deve fare lo Stato e devono essere uguali su tutto il territorio. Altrimenti si incorrono in problemi legali gravi». Ma non ci sono solo i giochi. L’agenzia delle Dogane, infatti, garantisce oggi all’Erario entrate per oltre 73 miliardi di euro, di cui oltre 34 arrivano dalle accise sul alcolici e prodotti energetici, 15,6 miliardi dalle dogane, 13,8 dai tabacchi e 10,3 dai giochi.

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