I temi di NT+Modulo 24

Holding industriali e Irap, nel valore della produzione entra in gioco il margine di interesse

Gli interessi passivi e oneri assimilati concorrono nella misura del 96% del loro ammontare

Nel nostro ordinamento, prima del recepimento delle due direttive comunitarie «Atad1» e «Atad2», non esisteva una disciplina specifica ed organica in materia di intermediari finanziari, società di partecipazione finanziarie e non finanziarie (holding industriali); è solamente con l’articolo 12 del Dlgs 142/2018 (decreto che ha recepito le direttive 2016/1164/Ue del Consiglio Ue 12 luglio 2016-Atad1 e 2017/952/Ue del Consiglio Ue 29 maggio 2017-Atad2), che è stato raggiunto un duplice obiettivo: fornire, attraverso l’introduzione nel Dpr n. 917/1986 dell’articolo 162-bis, una specifica definizione di intermediari finanziari e società di partecipazione (finanziaria e non finanziaria), valevole sia ai fini delle imposte dirette che dell’Irap e coordinare, in modo organico, l’intera disciplina tributaria in materia.

Si è così superata una situazione di incertezza applicativa venutasi a creare in passato: infatti, prima dell’introduzione del Dlgs 142/2018, alcune disposizioni tributarie in materia (tra le altre, articoli 96, 106, 113 del Tuir , articolo 6 del Dlgs 446/1997, articolo 1, comma 65, legge n. 208/2015), richiamavano ancora il vecchio Dlgs 87/1992 (peraltro sostituito dal Dlgs 136/2015) e l’articolo 113 del Tub (abrogato ad opera del Dlgs 141/2010).

Con la collocazione dell’articolo 162-bis tra le «Disposizioni comuni» del Tuir, il legislatore ha inteso superare la non perfetta qualificazione, ai fini dell’applicazione tanto dell’Ires quanto dell’Irap, che le precedenti disposizioni tributarie avevano fornito in materia di intermediari finanziari e società di partecipazione.

Ai fini che qui interessano, verrà delineato (anche se sinteticamente) dapprima il quadro normativo complessivo, introdotto dal Dlgs 142/2018, in materia di intermediari finanziari e società di partecipazione finanziaria e non finanziaria, analizzando poi, nello specifico, il campo applicativo delle società di partecipazione non finanziaria, tanto nei profili normativi e di prassi, quanto in ambito tributario con riferimento alle imposte sui redditi ed all’Irap.

Il quadro normativo di riferimento

L’articolo 162-bis del Dpr 917/1986, al comma 1, fornisce una definizione, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, delle seguenti categorie di soggetti: intermediari finanziari (lettera a), società di partecipazione finanziaria (lettera b) e società di partecipazione non finanziaria e assimilati (lettera c).

Intermediari finanziari. La norma in commento qualifica come intermediari finanziari:

a) i soggetti indicati nell’articolo 2, comma 1, lettera c) del Dlgs. n. 38/2005 (soggetti autorizzati ad erogare finanziamenti nei confronti del pubblico), nonché i soggetti non residenti, aventi le medesime caratteristiche, che esercitano la propria attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione;

b) i confidi iscritti nell’elenco di cui all’articolo 112-bis del Tub;

c) gli operatori del microcredito iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del Tub;

d) i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari, diversi da quelli individuati alla precedente lettera a).

• Società di partecipazione finanziaria. Vengono considerate società di partecipazione finanziaria i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari (es. holding bancarie e finanziarie).

• Società di partecipazione non finanziaria. Infine, alla lettera c), vengono qualificati come società di partecipazione non finanziaria e assimilati i soggetti che esercitano, in via esclusiva o prevalente, l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari ed i soggetti che svolgono attività, non nei confronti del pubblico, di cui all’articolo 3, comma 2 del Dm 53/2015 (Regolamento emanato in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3, 112, comma 3 e 114 del Tub, nonché dell’articolo 7-ter, comma 1-bis della legge n. 130/1999).

È opportuno evidenziare che l’articolo 12 del Dlgs 142/2018, oltre a dare una definizione dei «soggetti finanziari e non finanziari», ha contribuito al coordinamento ed alla razionalizzazione delle diverse norme tributarie in materia, ancorandole, di fatto, al nuovo articolo 162-bis del Tuir.

Le modifiche normative che hanno riguardato le società di partecipazione non finanziaria sono quelle inerenti l’Irap (ex articolo 6, commi 1, 2 e 9 del Dlgs. n. 446/1997) e le comunicazioni all’Anagrafe tributaria (ex articolo 10, comma 10, del Dlgs 141/2010).

In tema di Irap, la modifica dell’articolo 6 del Dlgs 446/1997, operata dal Dlgs 142/2018 ha avuto impatto sulla formazione della base imponibile, determinata aggiungendo al risultato derivante dall’applicazione delle norme riguardanti le società di capitali industriali e commerciali, il «margine di interesse» (differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati e gli interessi passivi e oneri assimilati, questi ultimi assunti nella misura del 96% del loro ammontare).

Per quanto concerne gli obblighi comunicativi all’Archivio dei rapporti finanziari ex articolo 7, commi 6 e 11 del Dpr n. 605/1973, sono stati confermati anche dal Dlgs 142/2018 per le società di partecipazione non finanziaria ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir.

Per completezza informativa, si precisa che le altre modifiche normative operate dall’articolo 12 del Dlgs. n. 142/2018 che hanno interessato gli intermediari finanziari sono relative alla deducibilità degli interessi passivi ex articolo 96, comma 5 del Tuir, alla svalutazione dei crediti ex articolo 106, commi 3 e 4 del Tuir, alle partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari ex articolo 113, commi 1, 2, 5 e 6 del Tuir, all’Irap ex articolo 6, commi 1, 2 e 9 del Dlgs. n. 446/1997, all’applicazione dell’addizionale Ires del 3,5% ex articolo 1, comma 65 della Legge n. 208/2015 ed alla cessione delle eccedenze Ires infragruppo ex articolo 43-ter del Dpr n. 602/1973.

Le società di partecipazione non finanziaria, come sopra indicato, sono menzionate in modo espresso solo nelle norme riguardanti l’Irap e le comunicazioni all’Anagrafe tributaria; negli altri ambiti, il regime tributario di volta in volta applicabile a tali soggetti si può ricavare attraverso un’interpretazione “in negativo” delle specifiche disposizioni: pertanto, quando un particolare regime tributario risulti applicabile agli intermediari finanziari, esso non potrà essere esteso alle società di partecipazione non finanziaria, in quanto soggetti ontologicamente distinti dagli intermediari finanziari medesimi.

Decorrenza delle nuove disposizioni e clausola di salvaguardia
Le disposizioni dell’articolo 12 del Dlgs 142/2018 trovano applicazione dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018. Tramite apposita clausola di salvaguardia, vengono fatti salvi i comportamenti adottati nei periodi d’imposta precedenti a quello di efficacia delle nuove disposizioni, anche ove non coerenti con queste ultime (articolo 13, commi 9 e 10 del Dlgs 142/2018). In buona sostanza, applicando tale clausola, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione del reddito complessivo, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, derivanti dall’applicazione di disposizioni diverse e non coerenti con quelle previste dall’articolo 12 del decreto medesimo, a condizione che i comportamenti adottati dal contribuente siano coerenti nel tempo.

Definizione ed ambiti applicativi delle società di partecipazione non finanziaria

Tornando alla definizione fornita dall’articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir, si considerano società di partecipazione non finanziaria e assimilati i soggetti che:
1. esercitano, in via esclusiva o prevalente, l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari;
2. svolgono attività, non nei confronti del pubblico, ai sensi dell’articolo 3, comma 2 del Dm 53/2015, «se inclusi in un gruppo di soggetti che svolgono prevalentemente attività di tipo industriale e commerciale».

La norma, quindi, distingue dalle società di partecipazione non finanziaria “vere e proprie” di cui al punto 1, che si caratterizzano per la prevalenza dell’attività di assunzione di partecipazioni in società “non finanziarie”, i soggetti ad esse assimilati di cui al punto 2, i quali possono anche non detenere partecipazioni, ma svolgere comunque le attività, che non configurano operatività nei confronti del pubblico, a norma dell’articolo 3, comma 2 del Dm 53/2015.

Verifica del requisito della prevalenza (asset test)
Prima dell’introduzione del Dlgs 142/2018 (si vedano Dm 6 luglio 1994 e articolo 13 del Dm 29/2009, ora abrogati), la verifica della prevalenza dell’assunzione di partecipazioni in attività finanziarie o non finanziarie era legata alla sussistenza congiunta, per due esercizi consecutivi, di due requisiti: uno di carattere patrimoniale (attività di natura finanziaria, inclusi impegni e garanzie, superiore al 50% del totale complessivo dell’attivo, sempre includendo impegni e garanzie) e l’altro di carattere reddituale (ammontare complessivo dei ricavi e proventi derivanti dalle attività sottoposte a test patrimoniale superiori al 50% dei ricavi e proventi complessivi).

Con il nuovo articolo 162-bis del Tuir la verifica del requisito di prevalenza (asset test) viene, invece, riferita ad un solo esercizio ed è circoscritta al solo attivo di Stato patrimoniale.
In particolare, il comma 3 del citato articolo 162-bis dispone che l’esercizio in via prevalente dell’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale.

In merito al concetto di prevalenza, appare utile citare il caso, oggetto di interpello, di una holding che deteneva in portafoglio partecipazioni eterogenee, ovvero sia in soggetti finanziari che non finanziari. In base ai criteri di prevalenza (asset test) individuati dai commi 2 e 3 dell’articolo 162-bis del Tuir, è la “natura” dei soggetti partecipati a determinare il carattere «finanziario» o «non finanziario» della holding stessa. Conferma, in tal senso, è arrivata con la risposta dell’agenzia delle Entrate n. 40/2021, con la quale l’Amministrazione ha chiarito che la “natura” della holding (finanziaria o non finanziaria) deve essere verificata attraverso un criterio di “prevalenza relativa”, confrontando cioè le tipologie di partecipazioni detenute in termini “relativi”, a condizione però che il loro ammontare “complessivo” superi, comunque, il 50% dell’attivo di Stato patrimoniale.

Sempre in merito all’asset test, si sottolineano due recenti interpretazioni dell’Amministrazione su partecipazioni iscritte nell’attivo circolante: ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, nelle risposte ad interpello 266/2021 e 363/2021, per la verifica della prevalenza, occorre tenere conto solo delle partecipazioni immobilizzate e delle partecipazioni che, essendo inizialmente iscritte nell’attivo immobilizzato, in virtù di una decisione di smobilizzo, sono state riclassificate nell’attivo circolante, non rilevando mai, invece, le partecipazioni acquisite a fini meramente speculativi e classificate ab origine nell’attivo circolante stesso.

Definizione di «altri elementi patrimoniali intercorrenti» con le partecipate
Ai fini del calcolo della prevalenza viene previsto, inoltre, che si debba tenere conto, oltre che delle partecipazioni, anche di altri elementi patrimoniali intercorrenti con le partecipate. Per «elementi patrimoniali intercorrenti», in dottrina, è stato sostenuto che si debba fare riferimento principalmente ai finanziamenti erogati alle partecipate, al leasing finanziario ed ai crediti per prestito titoli. Quanto ai rapporti intercompany da non prendere in considerazione ai fini dell’asset test, l’interrogazione parlamentare 17 aprile 2019 n. 5-01951 ha chiarito che tra essi rientrano «le attività derivanti da rapporti commerciali con le società partecipate quali, ad esempio, crediti derivanti da canoni di locazione immobiliare, royalties per utilizzo brevetti e marchi, crediti per imposte verso le partecipate derivanti dall’adesione al consolidato fiscale».

Chiarimento sugli impegni ad erogare fondi e garanzie rilasciate
Stando al tenore letterale normativo dei commi 2 e 3 dell’articolo 162-bis del Tuir, gli elementi patrimoniali da sommare al valore delle partecipazioni non sono gli stessi per l’asset test delle società di partecipazione finanziaria e per quello delle società di partecipazione non finanziaria. Rispetto alla formulazione utilizzata per le società di partecipazione finanziaria, infatti, tra gli elementi patrimoniali da sommare al valore delle partecipazioni, per le società di partecipazione non finanziaria, non sono ricompresi «gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate».
Sul punto, è intervenuta la risposta fornita dal Mef all’interrogazione parlamentare del 17 aprile 2019 n. 5-01951, con la quale è stato chiarito che «per ragioni logico-sistematiche potrebbe essere opportuno estendere anche a tali società le predette regole dettate per le holding finanziarie».
Alla luce di questa risposta, pertanto, attraverso un’interpretazione logico-sistematica dell’articolo 162-bis del Tuir, si ritiene che, seppure in assenza di un’esplicita previsione normativa, gli impegni e le garanzie verso le società del gruppo dovrebbero comunque essere ricompresi nel computo degli elementi patrimoniali rilevanti ai fini della qualificazione della società come holding non finanziaria.

Bilancio di riferimento ai fini dell’asset test
Tanto la nuova disciplina prevista dall’articolo 162-bis del Tuir, quanto le nuove regole relative agli obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria (articolo 10, comma 10, del Dlgs 141/2010) trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta 2018. Al riguardo, l’agenzia delle Entrate, rispondendo ad un quesito posto da Assoholding, ha ritenuto che per accertare se sussista o meno la qualificazione di holding, per il 2018, occorra tener conto dei dati che emergono dal bilancio relativo allo stesso esercizio (2018), senza che assumano rilievo quelli relativi all’esercizio precedente (2017), con ciò avvalorando l’ipotesi che quando la norma fa riferimento al «bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso», si riferisca al bilancio di esercizio approvato prima della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Detto orientamento ha trovato poi conferma nella risposta a interpello n. 40/2021: nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria ha, infatti, chiarito che «Al fine della verifica della prevalenza de qua, entrambi i commi in parola fanno riferimento ai “dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso”. Tale valutazione deve essere operata al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi, ne consegue che, tenuto conto degli ordinari termini di scadenza per la presentazione della medesima, il bilancio cui fanno riferimento i predetti commi 2 e 3 sia quello relativo all’esercizio sociale coincidente con il periodo d’imposta oggetto della dichiarazione».

Schemi di bilancio applicabili
L’introduzione dei Dlgs 136/2015 e 139/2015 ha dato attuazione alla riforma dei conti annuali e consolidati degli intermediari finanziari e non finanziari.
Il Dlgs 136/2015 ha riguardato i conti annuali e consolidati di banche ed altri istituti finanziari, mentre il Dlgs 139/2015, ha riordinato la materia dei conti annuali e consolidati delle società di capitali e di tutti gli altri soggetti «non finanziari».
Si evidenzia che la relazione illustrativa al Dlgs 136/2015, ha previsto, per i soggetti che non svolgono attività finanziaria nei confronti del pubblico, come le holding di partecipazione e le banche d’affari (merchant bank), non iscritti in alcun albo o elenco e non sottoposti ad alcuna forma di controllo, l’obbligo di redazione del bilancio d’esercizio e consolidato secondo le disposizioni del Codice civile, dei principi contabili nazionali (Oic) e dei Dlgs 139/2015 e 127/1991. In pratica, quindi, i soggetti che si qualificano, ai fini fiscali, come società di partecipazione non finanziaria e assimilati (ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir) (ad esempio holding industriali), redigono il bilancio d’esercizio e consolidato (qualora obbligati) secondo le disposizioni del Codice civile, dei principi contabili nazionali (Oic) e dei Dlgs 139/2015 e 127/1991.

Disciplina ai fini Ires e Irap delle società di partecipazione non finanziaria

Disciplina applicativa Ires
Il nuovo articolo 162-bis del Tuir, definendo le «società di partecipazione non finanziaria», consente di individuare le disposizioni applicabili, ai fini Ires, a detti soggetti:

: le società di partecipazione non finanziaria (ad esempio holding industriali) sono soggette alle disposizioni sulla deducibilità degli interessi passivi nei limiti del 30% del reddito operativo lordo di cui ai commi da 1 a 7 dell’articolo 96, così come le imprese industriali e commerciali. La separazione della nozione di intermediari finanziari da quella di società di partecipazione non finanziaria da parte del nuovo articolo 162-bis del Tuir determina l’attrazione di queste ultime al regime del “monitoraggio” del Rol ex articolo 96 Tuir.
: i soggetti di cui all’articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir sono assoggettati, in tema di deducibilità delle svalutazioni e delle perdite su crediti, alle medesime disposizioni delle imprese industriali e commerciali ex articoli 106 e 101 del Tuir.
: le società di partecipazione non finanziaria ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir, così come le imprese industriali e commerciali, non sono soggette alla maggiorazione Ires del 3,5 per cento.
: secondo l’
L’ambito soggettivo della disposizione è stato meglio precisato dall’
La norma in commento non è stata modificata per tenere conto delle nuove disposizioni introdotte dal Dlgs 142/2018. Ai fini che qui interessano, è possibile sostenere che le società di partecipazione non finanziaria «vere e proprie» (holding industriali ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c), n. 1 del Tuir), il cui patrimonio è rappresentato prevalentemente da partecipazioni in società non finanziarie, restano assoggettate alla disposizione limitativa in commento.

Disciplina Irap
Le società di partecipazione non finanziaria, corrispondenti di fatto, alle “vecchie” holding industriali, determinano il valore della produzione netta a norma dell’articolo 6, comma 9 del Dlgs 446/1997 (come modificato dall’articolo 12, comma 2, del Dlgs 142/2018) in quanto, come sopra già affermato, la definizione di società di partecipazione non finanziaria ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Tuir rileva anche ai fini del tributo regionale.

Rispetto alla norma previgente, non cambia, di fatto, il principio generale in base al quale i soggetti in esame seguono le stesse regole dettate per le società di capitali non esercenti attività bancaria, finanziaria e assicurativa, aggiungendo al valore della produzione così determinato il «margine di interesse», costituito dalla differenza tra la sommatoria degli interessi attivi e dei proventi assimilati e la sommatoria degli interessi passivi e degli oneri assimilati. Gli interessi passivi e oneri assimilati, come anche confermato dall’agenzia delle Entrate nella circolare 19/2009, concorrono alla formazione del valore della produzione nella misura del 96% del loro ammontare.

Sul punto, si segnala un successivo intervento dell’amministrazione finanziaria che, con risoluzione 56/2010, ha chiarito come la percentuale di indeducibilità del 4% debba essere applicata sul «margine di interesse» negativo e non sull’intero ammontare degli interessi passivi ed oneri ad essi assimilati. Pertanto, secondo quest’ultimo documento di prassi, qualora il «margine di interesse» ottenuto sia positivo, esso dovrà essere tassato integralmente, mentre nel caso in cui sia negativo, esso risulterebbe deducibile in misura pari al 96%, riprendendo a tassazione la restante parte di “margine” del 4 per cento.

Da ultimo, si precisa che l’aliquota Irap applicabile alle società di partecipazione non finanziaria (es. holding industriali) è quella del 4,65% (salvo ulteriori maggiorazioni regionali) e non quella ordinaria del 3,90%; infatti, l’articolo 16, comma 1-bis, lettera b) del Dlgs n. 446/1997 (inserito dall’articolo 23, comma 5, lettera a) del Dl 98/2011) richiama l’articolo 6 del medesimo decreto Irap, il quale, al comma 9, contempla appunto i soggetti in commento.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.

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