I benefici Irap e Iva spettano solo per i veri appalti di servizi
Si è in presenza di un appalto per prestazioni di servizi – e non di una somministrazione irregolare di lavoro – quando l’esercizio del potere direttivo nei confronti dei lavoratori è esercitato dall’appaltatore. In tale ipotesi i costi sostenuti dall’appaltante sono da considerarsi deducibili ai fini Irap e l’Iva addebitata è ammessa in detrazione. Lo ha chiarito la Ctp Vicenza che, nella sentenza 500/02/2017 (presidente Block, relatore Mazzucato), ha indicato gli elementi distintivi della somministrazione di lavoro e del contratto d’appalto.
La controversia nasce dal controllo della Gdf di una società del settore metalmeccanico, a seguito del quale è stata contestata la deducibilità ai fini Irap e la detraibilità dell’Iva, relativamente ad alcune lavorazioni che l’impresa aveva appaltato a un soggetto terzo, che a sua volta le aveva subappaltate a una cooperativa. Secondo l’ufficio si trattava di mera somministrazione di manodopera, in quanto il contratto era privo dei requisiti tipici dell’appalto.
La riqualificazione del contratto si basava su alcuni indizi raccolti nel corso della verifica:
• nel giorno dell’accesso erano presenti presso i locali dell’azienda i dipendenti della cooperativa, mentre non era presente nessuno dei responsabili dell’appaltatore, unici soggetti delegati ad impartire direttive;
• i turni dei dipendenti della cooperativa coincidevano con quelli dell’appaltante;
• i corrispettivi pattuiti avevano un margine irrisorio.
La Ctp ha osservato come, secondo l’articolo 29, comma 1, del Dlgs 276/2003, il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, per l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori, nonché per l’assunzione, da parte del l’ appaltatore, del rischio d’impresa. In particolare, secondo i giudici, l’appalto per l’affidamento di un servizio può essere considerato “genuino” se il potere direttivo nei confronti dei lavoratori è esercitato dall’appaltatore, con l’assunzione del relativo rischio d’impresa. Il rischio è da intendere in senso economico, frutto dell’impossibilità di stabilire in anticipo i costi legati all’esecuzione dell’appalto, con la conseguenza che l’appaltatore potrebbe incorrere in una perdita. Il corrispettivo dell’appalto dovrebbe cioè essere subordinato al risultato produttivo del servizio e non alla semplice messa a disposizione di prestazioni di lavoro.
Sotto questo profilo, secondo i giudici, la circostanza che i dipendenti della cooperativa operassero sotto le direttive dell’appaltante non poteva essere desunta dalla presenza dei dipendenti presso i locali dell’impresa appaltante e dall’assenza di responsabili dell’appaltatore al momento dell’accesso, essendo comprensibile che l’appaltante intervenga a chiarire come vuole che sia fatto il lavoro.
Inoltre, una somministrazione di manodopera è incompatibile con la pattuizione dei corrispettivi per pezzi prodotti e non per ore lavorate, circostanza che conferma la natura di effettivo contratto di appalto, anche perché pone l’organizzazione dei mezzi e l’assunzione del rischio d’impresa in capo all’appaltatore.