Contabilità

I dividendi della società semplice si considerano percepiti dai soci

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di Francesco Nobili e Marco Piazza

L’articolo 32-ter del decreto fiscale risolve, almeno in parte, la questione relativa al trattamento fiscale dei dividendi percepiti da una società semplice. Prima della modifica, tali dividendi concorrevano alla formazione del reddito imponibile dei soci per il loro intero ammontare, subendo quindi un trattamento fiscale molto penalizzante rispetto all’incasso diretto da parte degli stessi soci.

Ad esempio, se un socio persona fisica “non imprenditore” percepiva direttamente i dividendi risultava applicabile una ritenuta di imposta/imposta sostitutiva del 26% mentre se gli stessi dividendi venivano percepiti da una società semplice questi ultimi rientravano per l’intero importo nell’imponibile Irpef del socio, con l’applicazione delle aliquote progressive (aliquota massima del 43% senza considerare le addizionali).

Una distorsione identica si verificava per i dividendi distribuiti a società (tassazione solo del 5% del dividendo in caso di percezione diretta; tassazione dell’intero dividendo in caso di percezione da parte di una società semplice).

Per effetto della modifica normativa, i dividendi corrisposti alla società semplice si considerano percepiti dai soci di quest’ultima con l’applicazione del corrispondente regime fiscale. Quindi, i dividendi: per la quota imputabile ai soggetti cui si applica l’articolo 89, Tuir sono esclusi dalla formazione del reddito per il 95% del loro ammontare; per la quota imputabile ai soggetti cui si applica l’articolo 59 Tuir sono esclusi dalla formazione del reddito per il 41,86% del loro ammontare; per la quota imputabile alle persone fisiche “non imprenditori” scontano la ritenuta di imposta/imposta sostitutiva del 26 per cento.

Il problema non è invece risolto per i dividendi di fonte estera.

Il primo periodo del comma 1 sembra prevedere un principio di carattere generale che si riferisce a tutti i dividendi (senza alcuna distinzione).

Tuttavia, il secondo periodo, che esplicita le modalità di tassazione in capo ai soci, fa riferimento esclusivamente agli utili corrisposti alla società semplice dalle società ed enti residenti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c), Tuir e non anche dalle società ed enti non residenti di cui alla lettera d) dello stesso comma 1.

Non si vede peraltro per quale motivo i dividendi di fonte estera dovrebbero subire un trattamento differente (e in genere più penalizzante) rispetto ai dividendi italiani. Infatti, la ratio della nuova disposizione normativa è quello di istituire un principio di trasparenza per i dividendi percepiti dalla società semplice e, di conseguenza, di applicare il medesimo regime fiscale che si verifica in caso di percezione diretta da parte dei soci (come previsto espressamente dal primo periodo del comma 1 dell’articolo 32-ter).

In assenza di una espressa previsione normativa, peraltro, i dividendi di fonte estera, a differenza di quelli italiani, dovrebbero continuare a concorrere alla formazione del reddito imponibile dei soci per il loro intero ammontare.

Ciò, oltre a comportare effetti economici penalizzanti, complica estremamente la gestione dei dossier contenenti azioni estere (in quanto tutti i dividendi incassati dalla società semplice, invece di subire una tassazione secca, devono essere indicati nel modello Unico dei soci). Un altro aspetto da chiarire riguarda i dividendi (italiani ed esteri) percepiti da una società semplice con soci non residenti. Infatti, il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 32-ter (lettere a), b) e c)) non ricomprende espressamente tra i soci ai quali si applica la nuova disposizione normativa i soggetti non residenti.

Altri aspetto critico della norma è l’assenza di una disciplina della decorrenza. L’attuale formulazione fa ritenere che si applichi ai dividendi corrisposti alla società semplice dal giorno di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Inoltre sembra che tutti i dividendi distribuiti a partire da questa data siano soggetti all’imposta secca del 26% senza che sia riconosciuta al stratificazione per anno di formazione degli utili di cui al decreto ministeriale 26 maggio 2017.

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