I maggiori utili si contestano prima alla compagine sociale
Per poter accertare eventuali maggiori utili distribuiti alla compagine sociale è necessario riscontrare preventivamente tali maggiori introiti in capo alla società venendo a mancare, in caso contrario, il «fatto costitutivo della pretesa tributaria». È illegittimo pertanto emettere un avviso di accertamento che congetturi la riscossioni di ulteriori dividendi da parte della compagine sociale, qualora non sia stata preventivamente accertata la posizione della società di capitali e dalla quale scaturisca, in capo alla medesima, un reddito superiore non dichiarato e tale principio lo si riscontra nella sentenza 2320/06/2017 della Ctp Caserta .
L’atto di accertamento impugnato di fronte ai giudici casertani aveva l’obiettivo di assoggettare a tassazione dei denari incassati da un soggetto, quale rimborso di un finanziamento soci in precedenza erogato a una società di capitali dallo stesso partecipata. In seguito a tale permutazione finanziaria, l’amministrazione finanziaria contestava l’autenticità dell’operazione, riqualificandola come distribuzione occulta di utili camuffata tramite una restituzione di un finanziamento soci.
In sua difesa la parte ricorrente rappresentava, tra i motivi di doglianza, la circostanza che la società di capitali non risultava destinataria di alcun avviso di accertamento afferente a maggiori utili prodotti sebbene, per affermare la distribuzione di utili occulti a favore di un socio, il postulato indefettibile è rappresentato dal fatto che l’esistenza dei supposti maggiori utili venga preventivamente accertato in capo alla società.
E proprio tale motivazione ha persuaso la Ctp che ha accolto il ricorso e condannato l’agenzia delle Entrate alla refusione delle spese di giudizio. Il collegio giudicante ha richiamato un postulato decretato dalla Suprema corte nel campo della distribuzione di utili da parte delle società a ristretta base partecipativa, per il quale «è ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili ove sussista, a carico della società medesima, un valido accertamento di utili non contabilizzati» (sentenza 5581/2015). Analogo postulato, ricordano i giudici casertani, deve trovare attuazione nella circostanza rappresentata, altrimenti si ricadrebbe in una condizione di doppia presunzione vietata dalla legge.
La sentenza 20870/2010 della Cassazione ha ribadito che la ristretta base partecipativa di una società di capitali, oltre all’esistenza di un valido accertamento notificato nei confronti della società, determina ex se quei requisiti di gravità, precisione e concordanza tipici delle presunzioni semplici ex articolo 2729 del Codice civile.
Occorre tuttavia evidenziare un passaggio successivo della sentenza nel quale si sostiene che «manca altresì un accertamento definitivo sul dato presupposto». A parere dei giudici di legittimità, la rettifica in capo ai soci di una società a ristretta base partecipativa può sicuramente essere effettuata in forza di un valido accertamento eseguito nei confronti dell’ente medesimo, ma affinché il giudizio possa avere effetto nei confronti della compagine sociale è necessario che l’accertamento verso la società sia divenuto definitivo. La definitività dell’accertamento non integra quindi i requisiti di gravità, precisione e concordanza propri delle presunzioni semplici ma bensì nella prospettiva più ampia dell’intero giudizio, per il quale deve intervenire la sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 295 del Codice di procedura civile, in forza della quale il collegio dispone che il processo venga sospeso in tutti i casi in cui lo stesso debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa e tale passaggio trova conferma anche nella successiva sentenza della Cassazione 13818/2014. Sulla scorta di tali postulati la Suprema Corte ha affermato che, nel giudizio avente a oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio di una società di capitali a ristretta base partecipativa, debba pertanto riconoscersi l’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l’agenzia delle Entrate e la società con cui sia stata accertata la insussistenza di utili extracontabili della società.
Ctp Caseerta, sentenza 2320/06/2017