Controlli e liti

Il contraddittorio preventivo esclude l’imposta di registro e una parte dell’Iva

La circolare 17/E/2020 conferma l’inapplicabilità agli avvisi parziali e non ricomprende le rettifiche con prove certe

di Antonio Iorio

Contraddittorio escluso per gli accertamenti parziali e per tutte le rettifiche in materia di imposte indirette differenti dall’Iva. A confermare questa interpretazione delle norme in vigore dal prossimo 1° luglio sul contraddittorio preventivo è la circolare 17/E/2020 delle Entrate.

Dal documento di prassi emerge che, in concreto, le nuove regole, da un lato, favoriranno gli uffici negli eventuali ritardi nell’emissione di atti impositivi di fine anno (si veda l’altro articolo), e, dall’altro, ridurranno le ipotesi di contraddittorio rispetto alla situazione attuale.

Secondo la circolare, le disposizioni in questione, inserite nel nuovo articolo 5-ter del Dlgs 218/1997, si riferiscono alle rettifiche, suscettibili di definizione, relative ai seguenti settori:

imposte sui redditi e relative addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive;

imposta regionale sulle attività produttive;

imposta sul valore degli immobili all’estero;

imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero;

imposta sul valore aggiunto.

Ciò in quanto l’articolo 5 ter è stato inserito all’interno del capo II del dlgs 218/97 concernente la definizione dei soli accertamenti nelle imposte sui redditi e nell’Iva.

Ne consegue che gli atti relativi alle altre imposte indirette, pure suscettibili di adesione (è il caso delle imposte sulle successioni e donazioni, registro, ipotecarie e catastali), essendo incluse in un altro capo del decreto (il terzo) non sono interessate alle norme sul contraddittorio.

Pur non potendo muoversi alcun appunto a una simile interpretazione rigorosamente letterale, è evidente che contraddice, nella sostanza, lo spirito dell’istituto il quale avrebbe dovuto avere portata generale proprio per favorire un maggior confronto tra fisco e contribuente.

Aldilà quindi della “collocazione fisica” della nuova norma all’interno del Dlgs 218/97, un’interpretazione che non avrebbe escluso alcuni importanti comparti impositivi, sarebbe stata più coerente con lo spirito (almeno quello iniziale) dell’istituto.

Come era prevedibile, la circolare conferma, poi, che gli accertamenti parziali sono esclusi dal contraddittorio, con la precisazione che mentre per le imposte sui redditi si fa riferimento all’intera tipologia di rettifica (articolo 41-bis del Dpr 600/73), ai fini Iva l’esclusione non è totale ma riguarda le rettifiche parziali basate su elementi «certi e diretti», che non presuppongono ricostruzioni induttive o utilizzo delle presunzioni.

Alla luce di quanto precede appare evidente che il nuovo istituto viene fortemente limitato se non per utilizzarlo a favore del fisco nel caso della proroga dei termini decadenziali (si rinvia all’articolo in basso). E infatti ai fini delle imposte sui redditi:

a) gli accertamenti parziali con cui sono effettuate la gran parte delle contestazioni vengono esclusi;

b) gli accertamenti sintetici, quelli derivanti da studi di settore e quelli per condotte abusive, già prevedevano il contraddittorio preventivo.

Sul versante dell’Iva, la situazione è ancora più restrittiva in quanto vengono esclusi tutti gli accertamenti parziali basati su elementi certi e diretti, che sinora erano ricompresi in virtù della natura comunitaria del tributo.

A questo proposito sarà interessante verificare la posizione della giurisprudenza in ordine ad una possibile lesione del diritto comunitario da parte della norma interna. Si verificherà, infatti, che la nuova disposizione non consentirà più il diritto al contradditorio per molti accertamenti Iva i quali invece, in base alle regole comunitarie, prima di essere emessi devono essere oggetto del preventivo confronto tra fisco e contribuente.

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