Il diritto al rimborso prevale sulle forme
Il diritto al rimborso del credito d'imposta non può essere pregiudicato dalla mancata tempestiva richiesta del contribuente a cui spetta. In questi casi deve infatti prevalere il diritto dell’obbligato tributario a non pagare tasse in eccesso rispetto al potere statuale di acquisizione della ricchezza iure imperii.
Lo ha stabilito la Sezione tributaria civile della Cassazione (sentenza 31129/17, depositata il 29 dicembre scorso) mettendo fine a una controversia vecchia di 35 anni tra l’agenzia delle Entrate e Impregilo. L’ufficio, corroborato da due gradi di decisioni in sede amministrativa (Ctr Lombardia nel 1989 e Commissione tributaria centrale nel 2012) aveva negato alla società il diritto di recuperare la tax forfaitaire regolarmente pagata in Algeria nel 1982, dedotta dal reddito di quell’anno ma finita in una revisione della doppia imposizione del 1983, quando il Ministero - risoluzione 9/2540 - aveva spostato le tasse pagate all’estero sotto l’ombrello della detrazione d’imposta. Per effetto, Impregilo aveva maturato un credito di 1,2 miliardi di lire riconosciuto solo oggi, dopo 35 anni.
Il caso era sorto a margine della dichiarazione Irpeg, in cui la contribuente aveva indicato un imponibile di circa 11 miliardi di vecchie lire, con imposta di 1,6 miliardi interamente versata. Nel reddito era compreso anche quello prodotto in Algeria, con l’obbligazione tributaria interamente assolta in loco (tax forfaitaire) e relativa deduzione dall’imponibile complessivo, come previsto dalle regole all’epoca in vigore. Pochi mesi dopo, però, il Ministero aveva cambiato orientamento, decidendo che ai fini della doppia imposizione (tutela dalla) le imposte versate allo Stato algerino andavano non più dedotte dal reddito, ma detratte dall’imposta, scomputandole come credito. Da qui la dichiarazione in rettifica della società, presentata nel 1984 con credito finale in saldo positivo e relativa richiesta di rimborso alla (allora) Intendenza di finanza. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’amministrazione, era scaturita la causa che, dopo un primo riscontro positivo (Ctp Milano, 1987) aveva disatteso le richieste della contribuente.
La Cassazione ha invece riconosciuto il diritto di Impregilo, perché subordinare “a pena di decadenza” l’obbligo di indicare il credito nella dichiarazione relativa all’anno in cui le imposte sono state pagate in via definitiva (nel caso specifico: il 1983) «è errato ed estraneo ai parametri costituzionali» (articoli 53 e 97, comma 1 della Carta), restando «impregiudicato il diritto del contribuente a chiedere la restituzione» di quanto non dovuto. Nel caso di errore, di fatto o di diritto, commesso dal contribuente, la dichiarazione infatti è sempre «emendabile e ritrattabile quando possa altrimenti derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a carico del dichiarante».