Il diritto di superficie nel fotovoltaico non è cessione d’azienda
Il contratto di costituzione di un diritto di superficie su immobili che insistono su un impianto fotovoltaico non è una cessione d’azienda.
Questo il principio contenuto nella sentenza della Ctr Lombardia 692/2019.
La questione controversa giunta all’attenzione dei giudici milanesi concerneva l’impugnazione da parte di una società di capitali di un avviso di rettifica e liquidazione con il quale l’agenzia delle Entrate riqualificava come cessione di ramo d’azienda un contratto di costituzione del diritto di superficie per alcuni immobili sui quali insisteva un impianto fotovoltaico, rideterminando il valore della compravendita e applicando l’imposta di registro in misura proporzionale anziché quella fissa versata in sede di registrazione.
La ricorrente eccepiva, in punto di diritto, la decadenza del diritto di rettifica (ai sensi dell’articolo 76, comma 2, Dpr 131/86) per avere l’Ufficio notificato l’avviso oltre i tre anni dalla richiesta di registrazione dell’atto; e nel merito, la natura strumentale dell’impianto ceduto (bene accatastato e che scontava l’Imu), evidenziando che non era stata trasferita alcuna struttura organizzativa.
L’Ufficio difendeva in giudizio la liceità del proprio operato sia per quanto concerne il rispetto dei termini decadenziali da individuarsi, nel caso di specie, nei due anni dal pagamento dell’imposta in misura fissa ( articolo 76, comma 1), che ,nel merito, in quanto la rettifica comprendeva non solo l’impianto ma tutti i beni e i diritti atti a produrre un reddito.
La Ctp accoglieva l’eccezione preliminare di intempestività dell’azione di finanza collocando la fattispecie nel citato articolo 76 2° comma del Testo unico del Registro ( prescrizione triennale dalla data di registrazione).
La Ctr decide di confermare il decisione dei primi giudici sulla questione preliminare e , seppur quest’ultima assorbente, di pronunciarsi sul merito della questione.
Sulla preliminare il Collegio regionale precisa che, sebbene il contribuente avesse effettivamente provveduto all’ integrazione del pagamento in misura proporzionale a seguito della rettifica, tale adempimento non poteva ritenersi idoneo a far ripartire il periodo utile per una “nuova” rettifica e ciò in quanto, alla luce della normativa in materia e nel rispetto del principio della certezza del diritto, «deve essere presa come riferimento, in tali fattispecie, unicamente la registrazione dell’atto e non altri accadimenti successivi e occasionali».
Per quanto concerne il merito della controversia, la Ctr conclude quindi per l’annullamento della rettifica operata dalla parte pubblica stabilendo che « per quanto sia indubbio che l’impianto sia stato acquistato per il suo sfruttamento commerciale, tale finalità non ne modifica la sostanza trattandosi, sempre e comunque, di uno strumento per la produzione di energia elettrica che, di per sé e nella sua unicità, non integra una struttura organizzativa necessaria per qualificare l’operazione come un trasferimento di azienda».