Imposte

Il piano di welfare si basa solo sul rendimento di squadra

La risoluzione 55/E precisa che il regolamento può individuare lavoratori di particolari settori. Selezione anche per anzianità aziendale e retribuzione annua

di Giovanni Renella e Fabiola Rossi

L’adozione di un piano welfare a carattere premiale e incentivante deliberato anche con regolamento aziendale vincolante e rivolto a categorie omogenee di dipendenti consente:
Nl’accesso alle specifiche agevolazioni fiscali ai fini Irpef in capo ai lavoratori dipendenti beneficiari dei benefit del piano;
Nla deducibilità integrale ai fini Ires in capo al datore di lavoro.

Ciò è confermato nella risoluzione 55/E/2020 con cui l’agenzia delle Entrate risponde positivamente a un’istanza di interpello presentata da una società, avente ad oggetto l’esame preventivo di due regolamenti welfare volti a pre-miare e incentivare i propri dipendenti.

Più precisamente, i destinatari dei citati regolamenti sono individuati nei dipendenti con anzianità di servizio in azienda di almeno due anni e con un orario di lavoro giornaliero di almeno 6 ore, impiegati in due diverse aree aziendali (qualificabili, dunque, come «categorie omogenee» nel significato ormai consolidato in seno all’agenzia delle Entrate).

I regolamenti in esame prevedono il riconoscimento di un credito welfare - “spendibile” accedendo a una piattaforma web che offre un paniere di beni e servizi individuati – subordinato al raggiungimento di un obiettivo minimo di fatturato per l’annualità 2019 (riparametrato in caso di risultato aziendale in-feriore a quello prefissato). Il credito welfare in discorso è, poi, graduato in base al livello di inquadramento e anzianità di servizio dei dipendenti coinvolti.
Sulla base delle caratteristiche appena illustrate, l’agenzia delle Entrate ritiene che i regolamenti aziendali di welfare sottoposti alla sua attenzione siano in linea con la ratio sottesa alle disposizioni agevolative contenute nei commi 2 e 3, ultima parte, dell’articolo 51 Tuir (derogatorie del principio di onnicomprensività stabilito dal precedente comma 1).

Trattasi, infatti, di regolamenti che:
1)disciplinano l’erogazione di un paniere di beni e servizi in base a criteri di carattere premiale «dal momento che il credito welfare, che consente l’accesso alla fruizione di beni e servizi, è riconosciuto qualora l’azienda raggiunga, nel 2019, un obiettivo minimo di fatturato fissato in euro 60.200.000,00»;
2)sono rivolti a due individuate aree aziendali (in base ad anzianità e orario di lavoro minimi) come richiesto dal comma 2 dell’articolo 51 Tuir «nel presupposto che queste ultime condizioni non circoscrivano i destinatari dell’offerta ad alcuni e ben individuati lavoratori».

Con riguardo, poi, al carattere premiale di un piano di welfare le cui eroga-zioni di beni e servizi sono subordinate al raggiungimento di un obiettivo aziendale (come nel caso esaminato) secondo l’Agenzia delle entrate, risultando in questa ipotesi prevalente l’aspetto di fidelizzazione dei dipendenti, esso non viene meno nel caso in cui le erogazioni de quibus fossero graduate purché, «tale ripartizione non trovi giustificazione nella valutazione dell’attività lavorativa del dipendente, sia singolarmente considerato che in gruppo, ovvero su valutazioni strettamente connesse alla prestazione lavorativa».

Per quanto riguarda, poi, l’esame dei singoli benefit disciplinati dai regolamenti della società istante, dopo aver riassunto il regime fiscale applicabile alle principali erogazioni dei beni e servizi di cui ai commi 2 e 4 dell’articolo 51 Tuir, anche alla luce dell’attuale prassi amministrativa, l’Agenzia delle entrate conferma – con alcune precisazioni – la detassazione dei benefit in capo ai dipendenti ricompresi nelle due categorie sopra individuate ricordando, per alcuni di essi, le «modalità di fruizione».

In tal modo, dà green light alla soluzione interpretativa prospettata nell’istanza di interpello con ri-guardo al rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per l’acquisto di abbonamenti di trasporto pubblico, anche se relativi ai familiari fiscalmente a carico; alle opere e servizi di cui alla lettera f), comma 2, dell’articolo 51 Tuir che i dipendenti possono scegliere sulla piattaforma web, rappresentati da «cinema», «soluzioni viaggio e cofanetti», «benessere», «musei», «palestre», «parchi divertimento», «abbonamenti a riviste», «corsi di formazione» e «cura della persona».

Ai servizi sanitari per i dipendenti e i loro familiari, comprese le consulenze sanitarie telefoniche a prezzi scontati delle carte MyCare, in linea con la precedente prassi amministrativa (Risoluzione 26/E/2010 e circolare 28/E/2016); al rimborso delle spese di istruzione rela-tive ai familiari ex lettera f-bis), comma 2, dell’articolo 51 Tuir; al rimborso delle spese assistenziali per i familiari anziani o non autosufficienti ex lettera f-ter), comma 2, dell’articolo 51 Tuir; alla contribuzione aggiuntiva, anche in favore dei familiari fiscalmente a carico, al Fondo pensione contrattuale e a Fondi aperti ex lettera h), comma 2 dell’articolo 51 Tuir; ai voucher del valo-re massimo di euro 258,23 ex comma 3, ultimo periodo, dell’articolo 51 Tuir resi disponibili dalla piattaforma web nell’ambito di specifiche categorie merceologiche; ai contributi per il pagamento degli interessi su finanziamenti nei limiti e alle condizioni di cui alla lettera b), comma 4, dell’articolo 51 Tuir.

Altro aspetto valutato positivamente dall’Agenzia delle entrate è quello della non sostituibilità, neppure parziale, di premialità welfare con denaro. I due piani esaminati prevedono, infatti, che non sia possibile la monetizzabilità dei «borsellini virtuali» e che gli eventuali residui di credito welfare pos-sano essere versati alla posizione individuale di previdenza complementare dei dipendenti o azzerati. Per poter ottenere il riconoscimento dei benefici fi-scali ai fini della detassazione del reddito di lavoro dipendente è, infatti, ri-chiesto che, fatta eccezione per i premi di risultato e la partecipazione agli utili che rientrano nella disciplina agevolativa contenuta nella legge di Stabilità 2016 (articolo 1, commi 182 a 189, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), il piano welfare non deve essere alimentato anche da somme costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti e non deve prevedere che la parte di credito welfare non utilizzato sia convertibile in denaro. Altrimenti, si avrebbe la rilevanza reddituale dei “valori” corrispondenti ai beni e servizi offerti agli stessi in base alle ordinarie regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente.

Da ultimo, ai fini Ires per il datore di lavoro, si segnala che la circostanza che i piani welfare esaminati siano adottati con regolamento aziendale il cui contenuto risulti obbligatorio e immodificabile per tutta la loro durata e che non siano monetizzabili, neppure per gli eventuali residui non utilizzati nel pe-riodo di “spendibilità” del credito welfare, ha influito nella valutazione posi-tiva dei tecnici delle Entrate. Infatti, in linea con precedenti documenti di prassi (Circolare n. 28/E/2016, paragrafo 2.1), per poter operare una deduci-bilità integrale dei costi connessi all’esecuzione dei piani in discorso, come previsto dall’articolo 95 del Tuir in caso di sottoscrizione di contratti e ac-cordi aziendali (e non nel solo limite del cinque per mille ai sensi del succes-sivo articolo 100) è necessario che i regolamenti aziendali configurino l’adempimento di un obbligo negoziale. Nella fattispecie in esame sussiste questo obbligo negoziale, pertanto, secondo l’agenzia delle Entrate, «nel presupposto che la società non possa esimersi dall’erogazione dei benefit previsti nel Piano welfare in esame, si ritiene applicabile l’articolo 95 del Tuir ai fini della deducibilità dei costi sostenuti dalla società istante».


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