Imposte

Niente tassazione sui contributi obbligatori agli enti bilaterali

La risoluzione 54/E: non imponibilità «ualora l’accordo o il regolamento aziendale prevedano solo l’obbligo per il datore di fornire talune prestazioni assistenziali e quest’ultimo scelga di garantirsi una copertura economica

di Marco Strafile

La risoluzione 54/E/2020 si occupa del regime fiscale dei contributi versati da un’impresa ad un ente bilaterale di categoria e delle prestazioni erogate dallo stesso ai dipendenti.
Nel documento di prassi si specifica che tra le attività che lo Statuto dell’ente in questione può programmare e promuovere in favore dei dipendenti, vi sono iniziative di welfare con finalità assistenziale (polizze assicurative per premorienza e long term care, forme di integrazione del reddito per congedi parentali, premialità scolastiche), interventi per il sostegno economico nel quadro di accordi aziendali volti a favorire percorsi di ricambio generazionale, progetti per la formazione e riqualificazione professionale.

La contribuzione all’ente avviene ad esclusivo carico delle società che applicano il Ccnl di categoria, attraverso un versamento periodico parametrato al numero medio dei dipendenti registrato nel trimestre precedente, senza che vi sia alcun collegamento certo e diretto tra «teste» dei lavori presenti in azienda nel suddetto trimestre e «teste» dei lavoratori suscettibili di beneficiare in futuro delle prestazioni attivate dall’ente.
Il dubbio sottoposto all’Agenzia concerne quindi il regime fiscale applicabile ai contributi versati e alle prestazioni erogate dall’ente e i correlati obblighi di sostituzione di imposta.

Con riferimento ai contributi l’Agenzia, richiamando i principi espressi nelle circolari 326E/1997 e 55/E/1999, ricorda innanzitutto come tali oneri, non essendo versati in ottemperanza ad un obbligo di legge, non possono rientrare nell’esclusione di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir.

È possibile, invece, pervenire ad una conclusione di non imponibilità «qualora l’accordo o il regolamento aziendale prevedano soltanto l’obbligo per il datore di lavoro di fornire talune prestazioni assistenziali e il datore di lavoro, obbligato a fornire dette prestazioni, scelga di garantirsi una copertura economica», dato che in tale ipotesi il pagamento dei contributi risponde ad un interesse esclusivo del datore di lavoro. In aggiunta, affinché i contributi assistenziali rappresentino un benefit tassabile «è necessario che questi siano riferibili alla posizione di ogni singolo dipendente, ovvero sia possibile rinvenire un collegamento diretto tra il versamento contributivo effettuato dal datore di lavoro e la posizione di ogni singolo lavoratore».

Analizzando il caso di specie l’Agenzia rileva che le modalità di contribuzione – effettuata in modo cumulativo ed indifferenziato – evidenziano l’assenza del collegamento e portano quindi ad escludere - ai sensi dell’articolo 51, comma 1 del Tuir - l’individuazione di un benefit imponibile in capo ai dipendenti.

Per quanto concerne il regime fiscale delle prestazioni assistenziali l’amministrazione ribadisce la necessità di ricorrere ai principi generali di tassazione dei redditi (si veda ad esempio la risposta all’interpello 395/E/2020), secondo cui tali erogazioni risulteranno imponibili «sempreché inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall’articolo 6 del Tuir, comprese quelle che costituiscono erogazioni corrisposte in sostituzione di detti redditi» e a nulla rilevando il fatto che i correlati contributi non costituiscano reddito di dipendente assoggettabile ad Irpef.

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