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Il processo al Tar sulle microzone non ferma l’impugnazione della revisione del classamento

La Cassazione applica il principio secondo cui la lite fiscale va sospesa solo per questioni pregiudiziali

di Stefano Mazzocchi

In quali circostanze il processo tributario dev’essere sospeso qualora davanti al giudice amministrativo penda un giudizio riguardante atti amministrativi presupposti dal provvedimento impositivo impugnato? Soltanto quando il giudice amministrativo è chiamato a decidere una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico con efficacia di giudicato, essendo essa finalizzata ad evitare il conflitto di giudicati. La sospensione dev’essere invece esclusa se la considerazione di tali atti risulti irrilevante ai fini della decisione della Commissione tributaria: lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 24 agosto 2021, n. 23412 (in linea con la Cassazione del 28 novembre 2019, n. 31112).

È sulla base di questi principi che i giudici di legittimità hanno condiviso la mancata sospensione del giudizio di impugnazione del provvedimento di revisione del classamento per microzone, in attesa della definizione di quello amministrativo riguardante gli atti amministrativi di individuazione delle microzone interessate.

La questione attiene in sostanza alla corretta interpretazione del comma 1-bis dell’articolo 39, Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, che disciplina le ipotesi di sospensione necessaria del processo tributario. Ai sensi della disposizione citata – applicabile dal 1° gennaio 2016 -, in particolare, la Commissione tributaria è tenuta a disporre la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra Commissione tributaria «deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa».

Premesso che le ipotesi indicate dal comma 1-bis sono da considerarsi tassative, occorre precisare che tale norma si riferisce a questioni pregiudiziali che esulano dalla giurisdizione del giudice tributario; in caso contrario, infatti, rileva l’articolo 295 del Codice di procedura civile, in base quale il processo dev’essere sospeso «in ogni caso» in cui il giudice stesso o un altro giudice deve risolvere una controversia, «dalla cui definizione dipenda la decisione della causa».

Ciò significa, in definitiva, che l’articolo 39 del Dlgs 546/1992 si riferisce ai rapporti tra giurisdizione tributaria ed ogni altra giurisdizione (ordinaria o amministrativa). In tale contesto si inserisce la posizione assunta in materia dalla Corte costituzionale in merito al rapporto tra le due norme, l’articolo 39 del Dlgs 546/92 e l’articolo 295 del Codice di procedura civile. I giudici delle leggi hanno infatti escluso situazioni di incostituzionalità della norma sul processo tributario a causa della mancata previsione dell’ipotesi di sospensione necessaria di cui all’articolo 295 del Codice di procedura civile (ordinanze 21 luglio 2000, n. 330, 21 gennaio 1999, n. 8 e 12 aprile 1999, n. 136).

In merito all’ambito applicativo dell’articolo 39, comma 1-bis in commento, è stato altresì affermato che tale disposizione non è applicabile al caso di pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato (Cassazione 15 ottobre 2018, n. 25766, 1 ottobre 2018, n. 23789, 3 luglio 2018, nn. 17412 e 17413).