Controlli e liti

Il professionista può fatturare a un valore più basso rispetto alle tariffe di riferimento

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di Andrea Taglioni

La fatturazione delle prestazioni professionali al di sotto delle tariffe fissate dall’Associazione nazionale commercialisti non legittima la pretesa tributaria. Quest’ultima, infatti, deve ritenersi ingiustificata laddove la ricostruzione dei maggiori ricavi sia stata calcolata moltiplicando il numero delle prestazioni effettuate per gli importi consigliati dall’associazione. Ciò in considerazione del fatto che le tariffe prese a riferimento, rappresentano un semplice suggerimento che non assume nessun valore vincolante essendo pacifico che il contratto che lega il cliente e il professionista può derogare ai compensi professionali, senza che ciò determini necessariamente l’occultamento dei corrispettivi.
Sono le motivazioni con cui i giudici della Commissione tributaria provinciale di Pescara, hanno accolto il ricorso presentato da un professionista contro un avviso di accertamento emesso dalla direzione provinciale delle Entrate.
La sentenza 504 della Ctp Pescara del 14 ottobre scorso è sicuramente un input tale da far riflettere sui possibili controlli fiscali qualora i compensi siano al di sotto degli standard anche se, ai fini Isa, il compenso medio dell’attività, se minore del corrispondente valore della soglia inferiore provinciale di riferimento, determina un’anomalia.
Il caso riguarda il ricorso avanzato da un libero professionista (dottore commercialista) contro l’agenzia delle Entrate la quale aveva rideterminato il reddito professionale sulla base di una ricostruzione analitico induttiva. Al contribuente veniva contestata l’incongruenza dei compensi rispetto a quelli che avrebbero dovuto essere dichiarati se le prestazioni effettuate fossero state valorizzate con le tariffe minime stabilite dall’associazione di categoria. In pratica, secondo l’Ufficio, vi era uno scostamento tra le prestazioni effettuate e quelle fatturate per tali servizi.
Nel caso esaminato i giudici non hanno riscontrato elementi validi giustificanti la pretesa tributaria.
Invero, le tariffe dell’associazione utilizzate rappresentano unicamente un elemento che, in assenza di ulteriori riscontri, non può integrare i presupposti per l’accertamento, considerando anche che sono un semplice suggerimento, soggetto comunque a pattuizione con il cliente.
La congruità dei compensi dichiarati rispetto a quelli accertati si deve fondare su elementi presuntivi di gravità, precisione e concordanza, cioè, su elementi con un certo grado di attendibilità

Commissione tributaria provinciale di Pescara, sentenza 504 del 10 settembre 2019

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