Il pvc va consegnato entro 60 giorni solo per le ispezioni in loco
L’avviso di accertamento , la cui istruttoria endoprocedimentale è stata condotta dall’amministrazione finanziaria utilizzando il cosiddetto metodo sintetico di determinazione del reddito e con indagini svolte nei propri uffici (a tavolino), non è affetto da nullità per il mancato rispetto del termine dei 60 giorni dalla consegna del pvc ( tempo concesso al contribuente per la presentazione delle osservazioni) , che lo Statuto dei diritti del contribuente prevede unicamente per le attività di accesso, ispezione e verifica effettuate presso la sede del contribuente (in loco); pertanto, in questa ipotesi, la mancata consegna del processo verbale di chiusura non inficia la validità dell’atto.
Questo il principio emergente dalla sentenza della Ctr Milano n. 2515/2018 depositata il 1° giugno ( presidente e relatore Labruna).
La vicenda
L’annosa e controversa vicenda, ritornata all’attenzione della Ctr, viene risolta dai giudici tributari lombardi in riassunzione, dopo una pronuncia di annullamento con rinvio ad opera della Suprema Corte di cassazione.
La durata del processo, per le questioni devolute, sembra implicitamente aver subito l’influenza delle altalenanti pronunce ( di merito e di legittimità) che per diverso tempo e in molti casi hanno occupato e continuano tutt’ora ad occupare “ le scrivanie” dei giudici tributari sui temi dell’obbligo del contraddittorio preventivo endoprocedimentale, per tipologia di imposta accertata ( armonizzata e non) e per metodo di indagine utilizzato ( a tavolino o in loco), nonché del rispetto dei 60 giorni dal pvc prima dell’emissione dell’avviso ( articolo 12, comma 7 dello Statuto del contribuente).
Il caso in esame affronta questi temi con riferimento alla fattispecie dell’ accertamento sintetico “a tavolino”.
In estrema sintesi del lungo iter processuale il ricorrente originariamente impugnava alcuni avvisi di accertamento ( anni 2006-07-08) emessi dall’Ufficio per l’incongruenza riscontrata tra il reddito dichiarato con il valore degli acquisti effettuati nel trennio; in esito ai vari momenti di contraddittorio e in presenza di riscontri bancari negativi l’agenzia delle Entrate procedeva con metodo sintetico alla ricostruzione del reddito, determinando la relativa tassazione e quindi, senza redigere un verbale di chiusura delle operazioni, emetteva e notificava gli avvisi impugnati.
Il ricorrente ne chiedeva l’annullamento contestando , fra i vari motivi, la mancata consegna del pvc di chiusura delle operazioni e di conseguenza la notifica ante tempus degli accertamenti per non aver rispettato il termine dilatorio dei 60 giorni per la presentazione delle osservazioni previsto dallo Statuto ( articolo 12, comma 7).
I primi giudici ne accoglievano le doglianze facendo rilevare che gli avvisi impugnati risultavano notificati lo stesso giorno in cui si assumeva concluso il contraddittorio, senza alcuna motivazione dell’urgenza.
La Ctr confermava la sentenza di prime cure aggiungendo che «il pvc di chiusura delle operazioni di controllo deve essere redatto al termine di qualunque attività di natura istruttoria…..», anche quindi in un procedimento come quello previsto per il cosiddetto accertamento sintetico.
La Corte di Cassazione, conforme a Sezioni Unite ( 24823/2015), ribadiva che in tema di tributi “non armonizzati” l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente nelle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificatamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto Ue, la violazione comporta in ogni caso l’invalidità dell’atto purché in giudizio il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato ( cosiddetta prova di resistenza).
In riassunzione
Sull’stanza di riassunzione proposta dal contribuente l’agenzia delle Entrate , in fase di costituzione e con riferimento al principio di diritto enunciato dai giudici di legittimità, faceva presente che non vi era alcuna documentazione bancaria a sostegno dell’affermazione in base alla quale le entrate finanziarie derivanti dalla distribuzione di utili sarebbero state utilizzate per gli acquisiti da cui emergevano gli incrementi patrimoniali utilizzati dall’ Ufficio.
La Ctr preliminarmente rammenta come il Fisco può porre in essere diverse attività istruttorie i cui atti (endoprocedimentali) possono essere funzionali ad alcune di esse e che, seppur le attività investigative interne ed esterne prevedano modelli normativi differenziati, quello del comma 7 dell’art. 12 della Legge 212/2000 non può che riferirsi alle attività investigative esterne come da rubrica dello stesso articolo ( “ diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali ” ) nonchè dall’incipit ( “tutti gli accessi, ispezioni e verifiche”); evidenzia altresì , come enunciato dalle Sezioni Unite , l’insussistenza nell’ordinamento tributario nazionale di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale senza che ciò sia in contrasto con le garanzie di cui all’art. 24 della Costituzione , che attengono invece all’ambito giudiziale.
Da queste considerazioni e nel rispetto del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte viene sancita la legittimità dell’azione accertatrice.
Ctr Milano, sentenza 2515 depositata il 1° giugno 2018